Cooperazione. L'Italia in aiuto dell'Africa: formerà giovani agricoltori
Aiutiamoli a coltivare a casa loro. Il progetto Africa di Coldiretti, Eni e Bonifiche Ferraresi riprodurrà nell’area subsahariana lo sviluppo agricolo che l’Italia ha conosciuto negli anni Cinquanta. Il modello è proprio la riforma agraria, voluta, come ha ricordato al forum di Cernobbio il presidente di Coldiretti Ettore Prandini, «da Bonomi, Segni e Fanfani, che trasformarono 8 milioni di desaparecidos in imprese, redistribuendo 3,2 milioni di ettari di terra confiscata».
Accordo alla presenza di Conte
Ieri, Coldiretti, Eni e Bf hanno sottoscritto l’accordo alla presenza del presidente del consiglio Giuseppe Conte. Seicento milioni sono già stati investiti. Serviranno dai due ai tre miliardi. Si partirà dal Ghana, con un centro di formazione (ogni allievo verrà retribuito per imparare ma la frequenza sarà obbligatoria) e alcune piccole imprese. «Insegneremo ai giovani africani a rendere produttiva la loro agricoltura – ha puntualizzato il segretario generale della Coldiretti Vincenzo Gesmundo – ma anche sostenibile». Perché, come ha ricordato a questo punto il premier, «Economia ed ecologia devono andare a braccetto. In particolare in Africa dove si concentra la parte giovane del Pianeta, con un’età media di 16 anni». L’accordo inquadra la collaborazione «nell’ambito dell’economia circolare». Non si investe per esportare, ma per il consumo locale. Inizialmente, si intende rifornire un mercato di sette milioni di persone. «Dobbiamo uscire dalla mentalità opportunistica del passato e vedere nell’Africa una terra di opportunità e di responsabilità per entrambe le parti» ha precisato Conte, rilevando anche la necessità di «rivitalizzare le aree rurali, perché l’agricoltura non venga vita come una attività marginale». «C’è un destino che incrocia Africa ed Europa, cerchiamo di coglierlo, altrimenti lo faranno gli altri» ha ammonito il presidente del Parlamento europeo David Sassoli, senza nascondere le difficoltà in cui versa l’agricoltura europea. Il quadro finanziario presentato dalla vecchia Commissione prevede, ha ammesso, «tagli insopportabili che fermano la crescita». Sassoli ha chiesto esplicitamente a Coldiretti «un’alleanza». In gioco ci sono 2,6 miliardi di euro: a tanto ammonteranno i tagli agli aiuti Pac e Psr se non cambierà il quadro.
Trovare soluzioni sui dazi
Prandini, dal canto suo, ha rilanciato sui dazi: dopo la tregua fra Cina e Usa annunciata dalla Casa Bianca - con il congelamento degli aumenti tariffari su 250 miliardi di beni cinesi - il presidente dell’organizzazione agricola ha sollecitato l’Europa a trovare una soluzione analoga per scongiurare le tariffe aggiuntive per 7,5 miliardi di dollari annunciate sui prodotti in arrivo dall’Europa. «È necessario aprire subito la trattativa a livello comunitario e nazionale dove una buona premessa al confronto sono le importanti relazioni con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump che ha saputo costruire il premier Giuseppe Conte» ha detto Prandini. «Per cautelarci dai possibili danni derivanti dall’applicazione di dazi Usa ai nostri prodotti agroalimentari, l’Unione europea deve subito attivare la riserva di crisi prevista dalla Politica agricola comune e implementarla con nuove risorse finanziarie che potranno servire per tamponare l’emergenza, ma anche per attivare altre misure a tutela del reddito degli agricoltori e dei cittadini». Lo ha detto Paolo De Castro, coordinatore in commissione Agricoltura al Parlamento europeo, a conclusione del Forum internazionale dell’Agricoltura e dell’alimentazione organizzato dalla Coldiretti. Ma l’alleanza tra l’agricoltura e la politica potrebbe dispiegarsi anche sull’etichettatura d’origine: ieri al Forum sono state consegnate dalla Coldiretti oltre un milione di firme, raccolte in sette diversi Paesi europei, che serviranno a cambiare le norme comunitarie e ad introdurre l’obbligo di indicare l’origine di tutti gli alimenti in etichetta. «Un fatto storico per l’Italia – fa sapere l’organizzazione agricola – dove si è verificato nel 2019 un allarme alimentare al giorno, per oltre 80% dei casi per cibi provenienti dall’estero».