Economia

I dati. Spendere di più per comprare di meno. Così l'inflazione ha svuotato i carrelli

Cinzia Arena giovedì 12 gennaio 2023

L’inflazione a doppia cifra condanna gli italiani al paradosso di spendere di più acquistando di meno. E se i numeri sembrano indicare una tenuta dei consumi, la realtà è che il rialzo dei prezzi costringe le famiglie a contingentare le spese, in modo particolare al supermercato.

I dati diffusi ieri dall’Istat relativi al mese di novembre confermano questa tendenza al “risparmio forzato” per contenere il caro-prezzi in atto da mesi. A livello congiunturale i consumi sono praticamente stabili, con un incremento dello 0,4% in volume e dello 0,8% in valore, ma è il confronto con il 2021 a quantificare in maniera impietosa il peso dell’inflazione. A novembre le vendite al dettaglio sono aumentate del 4,4% in valore rispetto ad un anno prima, ma diminuite del 3,6% in volume. Se si guarda solo ai prodotti alimentari la forbice si allarga ulteriormente: 6,6% di valore in più e 6,3% di volume in meno. Va un po’ meglio per i beni non alimentari, ad eccezione degli elettrodomestici, con una buona performance del settore profumeria e cura della persona (+7,6%).

Anche i dati trimestrali confermano questo “disallineamento” tra i soldi spesi e la quantità di prodotti acquistati sia pure in maniera meno marcata (+08,% a fronte di un -1,4%). L’istituto di statistica nel commentare dati e percentuali sottolinea come «su base tendenziale invece continua a manifestarsi la dinamica evidenziata nei cinque mesi precedenti: a una crescita ancora sostenuta delle vendite si contrappone una marcata flessione dei volumi dovuta soprattutto all’andamento delle vendite dei beni alimentari». Per quanto riguarda le tipologie di distribuzione la gdo con il 7% in più e il commercio elettronico con il 4,7% fanno registrare risultati migliori rispetto ai piccoli negozi.

Sul piede di guerra le associazioni di consumatori che fanno i conti nelle tasche sempre più vuote delle famiglie e sottolineano come il rialzo delle accise sui carburanti, scattato a gennaio, avrà un ulteriore effetto negativo. «Il rialzo delle vendite è solo un effetto ottico che dipende dall’inflazione» sottolinea l’Unione Nazionale dei Consumatori che parla di italiani «a dieta forzata» e attribuisce al Black Friday il rialzo delle vendite dei beni non alimentari. Per il Codacons il calo delle vendite al dettaglio si quantifica in 1053 euro a famiglia in un anno, qualcosa come 27 miliardi di euro. Secondo Assoutenti le famiglie mettono sempre meno cibo in tavola con una contrazione annua stimata in 484 euro per un nucleo di quattro persone. Si punta poi sul risparmio con un “trasloco” nei discount che a novembre fanno registrare un aumento delle vendite del 10,3%. Risultato che secondo Coldiretti evidenzia la difficoltà in cui si trovano le famiglie italiane che nel 2022 hanno speso quasi 13 miliardi in più per acquistare cibi e bevande. Sul podio dei prodotti più soggetti agli aumenti c’è la verdura che precede pane, pasta e riso, carne e salumi. Per Confcommercio la perdite di reddito e l’erosione del risparmio accumulato generate dall’inflazione costringono le famiglie a comportamenti selettivi: «Riguadagna terreno l’e-commerce, soffrono i piccoli negozi e, nell’ambito della grande distribuzione, corrono i discount, una configurazione non nuova per l’Italia della crescita allo “zero virgola”».

Meno cupo il giudizio di Confimprese che sottolinea come gli italiani stiano dimostrando anche in questo caso grande resilienza e «hanno modificato solo in parte i propri comportamenti, sostenuti dalla volontà di tornare agli stili di consumo pre-pandemia, ma l’erosione generata dalla crescita dei prezzi sul potere d’acquisto è un segnale da tenere in seria considerazione».

Federdistribuzione sottolinea l’impegno della gdo nell’introdurre in maniera graduale gli aumenti sui beni in acquisto, con l’obiettivo di tutelare il potere d’acquisto delle famiglie e salvaguardare i consumi e aggiunge che l’obiettivo deve essere adesso quello di arginare l’inflazione che nel 2023 è stimata al 5,3%.