Ambiente. Addio alle fossili da altre 72 istituzioni religiose
Non erano mai state così tante. E basta questo per dire di quanto l’urgenza di affrontare l’emergenza climatica sia sempre più avvertita fra i religiosi e in particolare fra i cattolici di tutto il mondo. Sono infatti 72, in rappresentanza di tutti i continenti, le istituzioni e organizzazioni religiose che hanno deciso di annunciare oggi la loro adesione alla campagna mondiale per il disinvestimento dalle fonti fossili di energia, il cui utilizzo è la prima causa del riscaldamento globale e quindi della crisi climatica.
Quello odierno è il più grande annuncio congiunto di disinvestimento di sempre. Solo i 72 di oggi, fra cui la Conferenza dei vescovi cattolici della Scozia, 15 diocesi cattoliche in Inghilterra, Scozia e Irlanda e 19 chiese della Chiesa greco-cattolica in Ucraina, gestiscono insieme un patrimonio di 4,2 miliardi di dollari. Che vanno ad aggiungersi ai 39 trilioni di dollari (39mila miliardi di dollari) gestiti dai quasi 1.500 grandi investitori istituzionali di tutto il mondo che aderiscono al fossil fuel divestment. Un movimento nel quale un ruolo cruciale è sempre stato svolto dalle realtà religiose, che rappresentano oltre un terzo di tutte quelle aderenti al divestment. In particolare quelle cattoliche, riunite nel Movimento Laudato si’, che ha promosso il disinvestimento come risposta diretta ai reiterati appelli in tal senso di papa Francesco, a cominciare da quelli nella Laudato si’. Per i cattolici italiani un ulteriore supporto è arrivato dalla 49ª Settimana sociale appena svoltasi a Taranto: «Nella Laudato si’ – ha detto nelle conclusioni Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e presidente del Comitato scientifico e organizzatore della Settimana sociale – papa Francesco parla di uscire progressivamente dalle fonti fossili. Le nostre diocesi e parrocchie devono essere "carbon free" nelle loro scelte di gestione del risparmio».
Ai "grandi" della Terra, che si riuniranno a Roma il 30-31 ottobre per il G20 e poi a Glasgow per la Cop26, il messaggio che l’adesione massiccia degli enti religiosi al divestment vuole mandare è inequivocabile: accelerare l’abbandono delle fossili deve diventare una priorità nell’agenda globale se vogliamo avere qualche chance di evitare gli effetti più disastrosi della crisi climatica. «Le persone di fede – ha dichiarato Tomás Insua, direttore del Movimento Laudato si’ – stanno chiedendo al G20 di Roma di concludere finalmente che non c’è futuro per il finanziamento dei combustibili fossili».
Un messaggio del resto ampiamente in linea con quanto dichiarato di recente dall’Agenzia internazionale per l’Energia o dal Segretario generale delle Nazioni Unite, che commentando l’ultimo rapporto sul clima di Ipcc aveva parlato di «codice rosso per l’umanità» e di «campana a morto per le fossili». Molto espliciti erano stati anche i giovani riunitisi alla Youth4Climate di Milano in vista della Cop26: «Abolire immediatamente l’industria delle fossili», avevano chiesto di fronte al ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, al premier Mario Draghi e al presidente della Cop26 Alok Sharma.