Istat. Lavoro, mezzo milione di occupati in più nei primi mesi dell'anno
Cresce il lavoro, in termini di occupazione ma anche di costo del lavoro. Dopo la pandemia secondo il trimestrale report dell'Istituto nazionale di statistica prosegue la ripresa degli occupati. "Nel primo trimestre 2023 gli occupati sono cresciuti di oltre mezzo milione ed è l'ottavo trimestre consecutivo che si osserva un aumento tendenziale dell'occupazione" riporta l'Istat nella nota sul mercato del lavoro nel primo trimestre dove indica un aumento di 513mila occupati rispetto al primo trimestre 2022 (+ 2,3%) e una crescita rispetto al trimestre precedente di 104mila unità (+0,4%).
L'input di lavoro, misurato dalle ore lavorate, è aumentato dell'1,3% rispetto al trimestre precedente e del 3,3% rispetto al primo trimestre 2022.
L'Istat spiega che "la fase di ripresa dell'occupazione, dopo il brusco calo generato dagli effetti della pandemia, è iniziata nel secondo trimestre 2021 (con una crescita pari al 2,2%), è proseguita a ritmi sostenuti tra il terzo 2021 e il secondo trimestre del 2022 (arrivando al 4,1% nel primo 2022), è rallentata nel terzo e quarto trimestre 2022 (non superando l'1,5%), per tornare al 2,3% nel primo trimestre 2023".
Più in dettaglio, l'aumento degli occupati nel primo trimestre rispetto al trimestre precedente coinvolge i dipendenti a tempo indeterminato (+92 mila, +0,6%) e gli indipendenti (+27 mila, +0,5%), mentre i dipendenti a termine risultano in lieve calo (-15 mila, -0,5% in tre mesi).
Anche in termini tendenziali, l'aumento dell'occupazione riguarda i dipendenti a tempo indeterminato (+3,7%) e gli indipendenti (+1%), mentre si riduce il numero dei dipendenti a termine (-2,7%); rispetto al primo trimestre 2022, prosegue il calo dei disoccupati (-76 mila in un anno, -3,5%) e degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-558 mila, -4,3%).
"Dal lato delle imprese, si intensifica la crescita congiunturale delle posizioni lavorative dipendenti che, nel complesso, aumentano dell'1,1%, per effetto sia di un'accentuata crescita della componente a tempo a tempo pieno (+1%) sia di una spinta al rialzo della componente a tempo parziale (+1,4%)", si legge nel comunicato dell'Istat. In termini tendenziali, la crescita delle posizioni dipendenti è pari al 3,1% e l'aumento è stato più intenso per la componente dei full time (+3,6%) rispetto a quella dei part time (+1,7%).
In aumento anche le ore lavorate per dipendente, in termini congiunturali (+1,9%) e, soprattutto, in termini tendenziali (+4,6%); il ricorso alla cassa integrazione scende a 8,7 ore ogni mille ore lavorate.
L'aumento del costo del lavoro risulta tra i valori massimi delle serie storica che è iniziata dal 2010, 13 anni fa. Risulta tuttavia inferiore al tasso di inflazione che, alla fine del trimestre, nel mese di marzo è pari al 7,6% e nei due mesi precedenti è stato ancora maggiore.
L'incremento delle retribuzioni non basta così a compensare la corsa dei prezzi e a difendere il potere d'acquisto dei lavoratori. Rispetto al trimestre precedente, la crescita è dell'1,8% con un aumento sia delle retribuzioni (+1,2%) sia, in misura maggiore, degli oneri sociali (+3%). Su anno la crescita è ancora più intensa (+3,9%), con un +3,4% per la componente retributiva e un +5,4% e per gli oneri sociali.
All'aumento delle retribuzioni concorrono gli importi una tantum, mentre l'aumento degli oneri sociali è legato al restringimento degli interventi di decontribuzione del 2021-2022.
Divari di genere, di cittadinanza e per livelli di istruzione
La pandemia e la ripresa successiva hanno portato a un ampliamento dei divari di genere, per cittadinanza e per livello di istruzione in Italia. Dal primo trimestre 2019 al primo trimestre del 2023, la crescita per gli uomini è stata superiore a quella delle donne e il gap di genere nel tasso di occupazione è salito da 17,1 punti a 17,5. È aumentata, inoltre, la penalizzazione di chi ha bassi titoli di studio: nel primo trimestre 2023 il tasso di occupazione dei laureati è di 15,6 punti superiore a quello dei diplomati (il gap si fermava a +14,3 punti nel p 2019) e di 38,8 punti a chi possiede fino alla licenza media (era +36,1). Tra gli italiani la crescita (+2,7 punti) è stata più intensa di quella tra gli stranieri (+0,2 punti) che sono tornati sui livelli del 2019 dopo avere fortemente risentito del periodo di congiuntura negativa.
I divari che si sono ridotti sono i divari generazionali e quelli territoriali. "La crescita del tasso di occupazione tra i giovani (+3,4 punti) è stata infatti - si legge nel testo - più intensa di quella tra i 35-49enni (+2,8 punti) e di quella tra i 50-64enni (+2,1 punti). Nel Nord, dove gli effetti negativi della pandemia sul mercato del lavoro sono stati più marcati, la ridotta crescita ha comportato una riduzione del gap territoriale, che rimane comunque particolarmente elevato: da 24,3 punti del primo trimestre 2019 a 21,7 punti del primo 2023".