Lavoro. L'esperimento irlandese: reddito minimo per gli artisti
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L’arte non paga? Ci pensa il governo. Succede in Irlanda dove è stata lanciata un’iniziativa (sperimentale) a cui guardano con curiosità e interesse anche Regno Unito, Australia, Nuova Zelanda e Belgio. L’esecutivo liberal di Leo Varadkar, in breve, ha selezionato duemila artisti tra cantanti, scrittori, attori, maghi, circensi e miniaturisti, per citare solo alcune delle categorie coinvolte, a cui offrire uno stipendio di 325 euro alla settimana come incentivo a non rinunciare al proprio estro per dedicarsi a impieghi più stabili e remunerativi.L’idea è nata durante la pandemia di Covid quando il lockdown forzò i gestori di cinema, discoteche, teatri e musei ad abbassare le saracinesche dei propri locali. Il ministero irlandese del Turismo e della Cultura, allora, si adoperò per esplorare soluzioni a sostegno di 14.200 artisti finiti sul lastrico.
L’ipotesi di un reddito di base emersa in quel contesto è diventata nei mesi a seguire un esperimento di durata triennale lanciato ufficialmente ad agosto 2022. Il bando ha intercettato l’interesse di circa 9mila persone di cui 8.206 sono risultate idonee. Quelle selezionate per partecipare al programma sono solo duemila. Numero esiguo rispetto agli obiettivi ma proporzionale all’investimento stanziato in bilancio: 33,8 milioni di euro all’anno. Il compenso elargito ai fortunati, circa 16.900 euro annui, non contempla alcun tipo di obbligo se non la compilazione, ogni semestre, di un questionario sull’andamento delle proprie finanze, sui progressi compiuti nella carriera e sulle personali condizioni di salute. Domande del tipo: hai potuto riscaldare adeguatamente la tua abitazione? Ti sei potuto permettere un pasto con carne, pollo o pesce ogni due giorni? Interrogativi a cui, evidentemente, non ci sono ovvie risposte. Le iniziative a supporto della creatività sono in genere di natura privata, affidate ad aziende o fondazioni che bandiscono assegni, premi e borse di studio a seconda della categoria. Non è la prima volta, però, che le autorità si cimentano al riguardo. Soprattutto a livello locale. Il piano New York City Artist Corps, per esempio, è stato lanciato l’anno scorso dall’amministrazione della “Grande Mela” per rilanciare l’industria della creatività dopo la pandemia. Si trattava però di un contributo una tantum: 5mila dollari per 3mila artisti.
Programmi simili sono stati avviati anche in California e Minnesota. L’unico Stato che, prima dell’Irlanda, ha immaginato e testato l’ipotesi di un reddito fisso per gli artisti è la Norvegia. L’iniziativa del governo di Oslo risale al 2012 ma riguardava solo i professionisti di un certo livello che avevano per anni contribuito ad arricchire il panorama culturale locale. Il progetto di Dublino è più ampio. Abbatte i paletti di anzianità creativa perché colloca il problema in una prospettiva a lungo termine in cui gli indicatori finanziari devono fare il paio con quelli relativi al benessere. Tanti sono i dubbi che dovranno essere sciolti alla fine del periodo di prova. Per esempio: quanto è davvero sostenibile? Che effetti ha sulla produttività? L’arte non rischia di diventare un comparto degno solo del reddito minimo? Pochi sono quelli che hanno reso pubblica sui social network la partecipazione al programma. Tra questi ci sono un vignettista assunto in un supermercato e una sceneggiatrice impiegata in un call center. Entrambi hanno lasciato il lavoro su cui avevano ripiegato per sbarcare il lunario per vivere del proprio talento. Ancora per due anni e mezzo. Poi si vedrà.