L'intervista. Sbarra: «Un grande patto sociale o sarà dura»
Il segretario generale aggiunto della Cisl Luigi Sbarra
Luigi Sbarra, segretario generale aggiunto della Cisl, rilancia l'allarme sulla tenuta sociale nei prossimi mesi. E conferma: con Cgil e Uil il sindacato è pronto alla mobilitazione del 18 settembre.
Può bastare il blocco dei licenziamenti a evitare un autunno caldo?
È stato un passo avanti, ma non sarà sufficiente a tutelare probabilmente migliaia di persone destinate, in questo modo, a uscire dal regime di protezione già a metà novembre. Bisogna evitare questa prospettiva ed estendere le tutele per tutti, stabilendo la possibilità di far ricorso agli strumenti ordinari fino a fine anno.
Che cosa bisognerebbe fare?
Occorre assolutamente tenere collegate le persone al lavoro per un periodo sufficiente ad agganciare una ripresa produttiva più ampia e allo stesso tempo varare un grande piano nazionale su orientamento, formazione, occupabilità delle persone facendo leva su un moderno e integrato sistema di politiche attive.
Il "decreto Agosto" vi ha convinto in questo senso?
Intanto, ci sono voluti quasi sette giorni dall'approvazione in Consiglio dei ministri per conoscere i contenuti esatti del provvedimento e le coperture finanziarie degli interventi. Sono tempistiche poco accettabili per imprese e lavoratori in questa crisi così difficile per tutti. Ma il tema vero è far partire gli investimenti pubblici e privati su infrastrutture, politica industriale, innovazione, digitalizzazione. Così come essenziali sono gli investimenti nella sanità pubblica e nella scuola, Università e ricerca, rinnovando tutti i contratti nazionali in modo da modernizzare le relazioni industriali e garantire una maggiore partecipazione dei lavoratori.
Il fondo europeo Sure può essere utile per l'Italia?
È sicuramente una buona notizia la richiesta del governo alla Commissione Ue di accedere a 28,5 miliardi di euro per consolidare ulteriormente il sistema nazionale di ammortizzatori. Ma queste risorse devono essere legate a un grande piano di investimenti che ambisca ad attirare capitali freschi e generare lavoro vero e produttivo, soprattutto nelle aree deboli e sottoutilizzate.
Non basta lo sgravio del 30% per tutti i lavoratori del Sud?
La decontribuzione è un'apertura significativa, ma è insufficiente per una svolta storica che oggi è finalmente alla nostra portata. L'Ue ha sospeso i vincoli che impedivano di finanziare la fiscalità di sviluppo e si stanno rivedendo, in meglio, i meccanismi legati al regime di aiuti alle imprese. È un'occasione imperdibile per varare una "cura-shock" per il Mezzogiorno e, di conseguenza, anche per il resto del Paese. Costruire una vera e propria no tax area per almeno dieci anni in modo da dare certezze alle imprese che vorranno investire o delocalizzare a Sud le produzioni, unita a forti e strutturali decontribuzioni per nuove assunzioni di giovani, è la grande sfida di questo tempo.
Qual è la prima riforma da affrontare nelle prossime settimane?
È ormai improrogabile aprire la discussione su una riforma del fisco capace di alzare i salari e le pensioni, in modo da sostenere consumi e domanda interna con evidenti benefici anche per le imprese. Per questo la Cisl chiede al governo un confronto sui temi del lavoro, della crescita e del migliore utilizzo delle risorse del Recovery fund. Occorre concertare un grande patto sociale tra governo e parti sociali, una condivisione ampia delle priorità e degli obiettivi da raggiungere. Come avvenne negli anni Novanta, quando l'Italia era sull'orlo del fallimento economico e il nemico comune da battere era l'inflazione.