Economia

L'intervista. Sbarra: «Un grande patto sociale o sarà dura»

Maurizio Carucci lunedì 17 agosto 2020

Il segretario generale aggiunto della Cisl Luigi Sbarra

Luigi Sbarra, segretario generale aggiunto della Cisl, rilancia l'allarme sulla tenuta sociale nei prossimi mesi. E conferma: con Cgil e Uil il sindacato è pronto alla mobilitazione del 18 settembre.

Può bastare il blocco dei licenziamenti a evitare un autunno caldo?
È stato un passo avanti, ma non sarà sufficiente a tutelare probabilmente migliaia di persone destinate, in questo modo, a uscire dal regime di protezione già a metà novembre. Bisogna evitare questa prospettiva ed estendere le tutele per tutti, stabilendo la possibilità di far ricorso agli strumenti ordinari fino a fine anno.

Che cosa bisognerebbe fare?
Occorre assolutamente tenere collegate le persone al lavoro per un periodo sufficiente ad agganciare una ripresa produttiva più ampia e allo stesso tempo varare un grande piano nazionale su orientamento, formazione, occupabilità delle persone facendo leva su un moderno e integrato sistema di politiche attive.

Il "decreto Agosto" vi ha convinto in questo senso?
Intanto, ci sono voluti quasi sette giorni dall'approvazione in Consiglio dei ministri per conoscere i contenuti esatti del provvedimento e le coperture finanziarie degli interventi. Sono tempistiche poco accettabili per imprese e lavoratori in questa crisi così difficile per tutti. Ma il tema vero è far partire gli investimenti pubblici e privati su infrastrutture, politica industriale, innovazione, digitalizzazione. Così come essenziali sono gli investimenti nella sanità pubblica e nella scuola, Università e ricerca, rinnovando tutti i contratti nazionali in modo da modernizzare le relazioni industriali e garantire una maggiore partecipazione dei lavoratori.

Il fondo europeo Sure può essere utile per l'Italia?
È sicuramente una buona notizia la richiesta del governo alla Commissione Ue di accedere a 28,5 miliardi di euro per consolidare ulteriormente il sistema nazionale di ammortizzatori. Ma queste risorse devono essere legate a un grande piano di investimenti che ambisca ad attirare capitali freschi e generare lavoro vero e produttivo, soprattutto nelle aree deboli e sottoutilizzate.

Non basta lo sgravio del 30% per tutti i lavoratori del Sud?
La decontribuzione è un'apertura significativa, ma è insufficiente per una svolta storica che oggi è finalmente alla nostra portata. L'Ue ha sospeso i vincoli che impedivano di finanziare la fiscalità di sviluppo e si stanno rivedendo, in meglio, i meccanismi legati al regime di aiuti alle imprese. È un'occasione imperdibile per varare una "cura-shock" per il Mezzogiorno e, di conseguenza, anche per il resto del Paese. Costruire una vera e propria no tax area per almeno dieci anni in modo da dare certezze alle imprese che vorranno investire o delocalizzare a Sud le produzioni, unita a forti e strutturali decontribuzioni per nuove assunzioni di giovani, è la grande sfida di questo tempo.

Qual è la prima riforma da affrontare nelle prossime settimane?
È ormai improrogabile aprire la discussione su una riforma del fisco capace di alzare i salari e le pensioni, in modo da sostenere consumi e domanda interna con evidenti benefici anche per le imprese. Per questo la Cisl chiede al governo un confronto sui temi del lavoro, della crescita e del migliore utilizzo delle risorse del Recovery fund. Occorre concertare un grande patto sociale tra governo e parti sociali, una condivisione ampia delle priorità e degli obiettivi da raggiungere. Come avvenne negli anni Novanta, quando l'Italia era sull'orlo del fallimento economico e il nemico comune da battere era l'inflazione.