Economia

L'INTERVISTA. Morelli: «Non è un Paese per giovani. Si cambi rotta»

Giuseppe Matarazzo venerdì 15 aprile 2011
«La solitudine delle imprese? Non solo. A sentirsi soli sono i giovani. Sono i cittadini. In discussione è l’intero sistema Paese che in questo momento di difficoltà, rispetto ai partner europei, si mostra più fragile e incerto». Jacopo Morelli, 35 anni, fiorentino, è Ad della EmmeEmme Spa, società di produzione e distribuzione di arredamento. Ieri si muoveva fra i padiglioni del Salone del Mobile di Milano. Con un occhio al futuro della propria azienda. E l’altro a quello del Paese. Perché Morelli, vicepresidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria è in corsa per la successione a Federica Guidi al vertice del movimento (il 29 aprile le elezioni). Qual è lo stato di salute del settore?Non è un periodo facile. Ci sono aziende che lavorano bene e hanno saputo muoversi all’estero. Le nostre multinazionali tascabili di quello che è stato definito il "quarto capitalismo". Purtroppo ce ne sono tante altre che soffrono e non sono capaci di leggere il cambiamento che gli eventi degli ultimi anni impongono.Il ministro Tremonti ha presentato nuove misure per l’economia. Qual è il suo giudizio?Condivido che senza i conti pubblici in ordine non si può garantire una crescita duratura. Questo non significa sostenere un’antinomia fra bilancio corretto e crescita.Una spinta l’ha data il governatore Draghi: il Pil cresca del 2% all’anno.Ho molto apprezzato l’intervento del numero uno di Bankitalia. La nostra economia soffre più di altre. Mentre la ripresa internazionale è tornata vigorosa, l’Italia fatica a consolidare la crescita oltre l’1%. Nel mondo uno sviluppo inferiore al 2% è considerato potenzialmente recessivo, da noi è un obiettivo a cui tendere.Si sente «solo» come imprenditore?Gli imprenditori per definizione si trovano spesso ad agire in maniera solitaria. Oggi siamo però di fronte a gravi carenze di sistema che ci rendono più soli. Anche come cittadini. L’Italia ha bisogno di infrastrutture materiali e immateriali. A cominciare da quella che Alberto Alesina indica come fondamentale: la legalità. Soprattutto al Sud, che va "scatenato", liberato cioè dalle catene che lo opprimono. Poi ci sono le reti digitali in un mondo che viaggia a velocità 2.0. E la rete logistica, con piattaforme di distribuzione che assicurino al meglio la circolazione delle merci.Disoccupazione record, poca natalità. L’Italia è un Paese per giovani?Purtroppo no. Ma di fronte alle difficoltà, rispondiamo con il coraggio e l’entusiamo. Certo, il nostro profilo demografico è declinante. Una pervasiva gerontocrazia blocca l’innovazione e rappresenta l’antitesi della meritocrazia. Dobbiamo ribaltare questa situazione. Con un welfare che guarda alle donne e alle famiglie. Con politiche per i giovani e le imprese: un giovane talento deve poter contare su un contesto sociale e normativo che lo valorizzi. Su ogni giovane italiano invece gravano 80mila euro di debito pubblico e 250mila di debito pensionistico. Un adagio ricorda che "la terra non la ereditiamo dai nostri padri, ma la prendiamo in prestito dai nostri figli": è stato fatto l’opposto.