Economia

Intervista. Mercati (Aboca): "Equilibrio uomo-natura per un nuovo sviluppo"

Silvia Camisasca mercoledì 18 marzo 2020

Mercati, Ad di Aboca

"L'attenzione al rapporto uomo–natura è stato costitutivo dell'azienda fin dal 1978, quando mio padre Valentino la fondò": sintetizza così l'Ad di Aboca Massimo Mercati il fattore caratterizzante del gruppo che (presente in 16 Paesi, con 1500 dipendenti e un fatturato di 228 milioni di euro) ha realizzato un sistema integrale e verticalizzato unico al mondo, coprendo tutta la filiera, dall'agricoltura biologica alla distribuzione farmaceutica, nell'ambito dei complessi molecolari naturali. E i numeri relativi allo scorso anno (+4% di crescita e 259 nuove assunzioni) premiano una leadership che ha scelto di investire in R&S (ricerca e sviluppo) oltre 10 milioni di euro e di tessere una rete di collaborazioni internazionali (Università di Cambridge, Imperial College of London, Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa) tesa anche a numerosi studi clinici (in corso sono ben 18) di botanica, fitochimica, biologia dei sistemi e farmaceutica. Fiore all'occhiello, però, di questa realtà è il recente riconoscimento al costante impegno a beneficio di tutta la comunità e a tutela della biodiversità ambientale. Responsabilità, sostenibilità e trasparenza si sono formalmente tradotte nello statuto di Società Benefit, certificato secondo lo standard internazionale di B Corp: lo stesso che ha valutato l'azienda di Sansepolcro, estesa su 1.700 ettari di coltivazioni biologiche, distribuiti tra Toscana e Umbria, con 67 specie di piante, unica, a livello globale, per metodologie e pratiche. Ma la qualità del suolo non è tutto: da ogni fase produttiva sono esclusi conservanti e sostanze artificiali, il fotovoltaico garantisce già 1 mln Kwh del fabbisogno elettrico e l'85% dei rifiuti è riciclato. La promozione della qualità della vita dell'intera comunità si manifesta anche in un'intensa attività culturale, con eventi che hanno coinvolto oltre 170 mila partecipanti.
L'impresa come sistema vivente: è il titolo del suo libro, ma anche l'espressione che meglio trasmette il senso della vostra missione.
Cerchiamo semplicemente nella natura le risposte ai bisogni legati alla salute dell'uomo, nel rispetto dell'organismo e dell'ambiente. Attraverso le sostanze naturali, proseguiamo sulla strada dell'innovazione. Il presupposto iniziale è che l'uomo non può continuare a vivere come dominus naturae: da qui, immaginiamo un modello di sviluppo alternativo a quello che – già negli anni Settanta – si era rivelato insostenibile. Siamo andati ricercando una soluzione di sintesi tra ambiente e salute. Trasferendo questa filosofia nei nostri prodotti, è emersa una evidenza scientifica: che il codice genetico è componente comune a piante, animali, uomini. Tutti rispondono allo stesso linguaggio e sono interconnessi, pertanto, l'uomo dotato di un organismo complesso, può rivolgersi alla complessità della natura per il proprio benessere.
La varietà della natura, la sua ricchezza, diventa, in questa prospettiva, una risorsa imprescindibile allo sviluppo della medicina?
È quanto oggi si sta affermando in biologia e medicina dei sistemi, dove si studiano i processi salute–malattia alla luce di un approccio sistemico non confinato alla sola farmacologia tradizionale.
Come tutto ciò viene calato nel contesto aziendale? Come può la natura ispirare le linee guida di gestione di un'impresa e definire i ruoli all'interno di essa?
Gli strumenti di conoscenza alla base dei nostri processi scientifici suggeriscono alcuni criteri di gestione aziendale, perché assimilare l'impresa ad un sistema vivente, permette di rileggere le dinamiche d'impresa, mettendo al centro i concetti di valore e di comunità e la consapevolezza delle condizioni di legittimità ed efficacia delle strategie. Il modello d'impresa è strutturalmente accoppiato all'ambiente e alla società in cui viviamo, fortemente interdipendente dal contesto.
Se l'impresa si fa comunità tra le comunità, non può essere autoreferenziale: diventa creatrice di valore solo se svolge una funzione economico–sociale.
Infatti. Non si esaurisce nella sola realizzazione del profitto, ma impatta sull'ambiente e sulla società attraverso la crescita culturale collettiva di una realtà in cammino unita e tesa al bene comune. Del resto, questa visione è alla base del movimento delle Benefit Corporation, nato negli Stati Uniti nel 2006, proprio per dare consistenza a un nuovo modello imprenditoriale, le cui ricadute fossero misurabili in una certificazione.
Un'impostazione poi diffusa in Europa e, in particolare, in Italia, primo paese nel 2015 ad adottare lo stesso impianto normativo, istituendo il modello della Società Benefit, che permette di inserire nello statuto societario gli obiettivi finalizzati al bene comune.
La normativa prevede anche regole specifiche che disciplinano la responsabilità degli amministratori. Il raggiungimento degli obiettivi è misurato in base a standard internazionali e validato da enti terzi. Grazie all'istituzione ufficiale di questo modello d'impresa, l'azienda dovrà perseguire il bene comune. Negli ultimi tre anni tutte le aziende del nostro gruppo sono diventante società benefit e si sono certificate B–Corp.
Questo risponde anche alle richieste degli utenti?
Certo. Non ci si riconosce più in “consumatori”: le persone vogliono usufruire di beni che garantiscano utilità privata e sostenibilità socio–ambientale. I movimenti giovanili sono il segno più evidente di una tensione che va progressivamente affermandosi. E anche il successo economico dipenderà dalla nostra capacità di offrire un modello di impresa capace di “restituire futuro” alle prossime generazioni.
Avanza un nuovo modello di sviluppo che torna alle radici: l'uomo parte integrante, e non padrone, della natura.
Nella rivoluzionaria enciclica Laudato Si' Papa Francesco ha tratteggiato l'uomo nuovo, capace di riconoscere il suo posto sulla Terra in quanto parte di un universo armonico, dove la cura della casa comune diventa "conditio sine qua non". L'enciclica attraversa tutti i falsi miti su cui ha retto il vecchio schema socio–economico, parla di conversione ecologica, mostra la profonda interconnessione tra tutte le forme viventi e spinge al superamento della tecnocrazia.
C'è uno spirito, in questi giorni di drammatica attualità, che induce le popolazioni di tutto il mondo ad unirsi in una solidarietà necessaria a superare una crisi senza precedenti.
Come imprenditori e lavoratori noi tutti siamo chiamati a fornire un contributo. È una grande opportunità per ridare senso al lavoro e all'esistenza.