Economia

L'intervista. «L'Ucid riparte dai giovani e dalla Dottrina sociale»

Costantino Coros lunedì 22 giugno 2015
Settant’anni di vita, 17 gruppi regionali e 93 sezioni territoriali. Questi i numeri dell’Unione cristiana imprenditori e dirigenti (Ucid) che si è ritrovata a Torino lo scorso fine settimana per riflettere sul cammino fatto fino ad ora e progettare il futuro con lo sguardo rivolto verso l’innovazione associativa. Il presidente nazionale Giancarlo Abete, spiega qual è il ruolo dell’associazione oggi e quale sarà nei prossimi anni.Quale ruolo, presidente, potrà avere l’Ucid nei prossimi anni?Veniamo da una lunga storia che ha avuto e ha come compito quello di testimoniare e diffondere la Dottrina sociale della Chiesa. Dal confronto tra i soci è emersa una grande capacità di stare insieme e condividere la missione dell’associazione, sia sul versante dei valori, che trovano fondamento nei messaggi delle encicliche, sia riguardo alla risposta da dare alla crisi, anche rispetto alla finanziarizzazione dell’economia, la quale ha causato molti drammi. Occorre invertire la rotta, seguendo la logica di mettere sempre al centro la persona umana e non gli interessi finanziari.Alla luce di questa realtà, quale attenzione è bene avere nel nostro Paese?Alla solidarietà e sussidiarietà, che sono fondamentali, perché anni di crisi hanno portato all’aumento della povertà, alla crescita del senso d’emarginazione e alla difficoltà d’inserimento dei giovani.Avete affrontato il tema dell’innovazione associativa: quali considerazioni sono state fatte?Oggi c’è una crisi dell’associazionismo, una difficoltà a trovare le modalità dello stare insieme. Abbiamo studiato e ragionato su come fare innovazione e creare sviluppo anche a livello associativo. Il primo problema riscontrato è stato quello del ricambio generazionale, del coinvolgimento dei giovani, della capacità di portare all’interno dell’associazione coloro i quali potranno essere i protagonisti del domani. Occorre porre maggior attenzione al mondo delle università, in quanto oggi, avere giovani imprenditori e dirigenti è ancora più difficile rispetto al passato. I giovani non riescono a trovare un’occupazione, figuriamoci se riescono a scalare una situazione professionale in età giovanile. Dobbiamo essere vicini a tutti quelli che cercano d’inserirsi nel mondo del lavoro e che hanno le precondizioni per poter essere ceto dirigente, tenendo conto che il lavoro nell’impresa, il ruolo dell’imprenditore è un compito importante, come ci ha ricordato Benedetto XVI nella Caritas in Veritate.Quale testimonianza può dare un imprenditore che s’ispira ai principi cristiani?Quella di operare secondo l’indirizzo della Dottrina sociale della Chiesa. Questa, come è noto, non fa propriamente una valutazione delle teorie economiche, ma manifesta la necessità che si agisca con responsabilità, in una logica di bene comune, pur nella ricerca di un profitto funzionale allo sviluppo dell’azienda. Per l’imprenditore significa cercare di testimoniare i propri valori nello svolgimento della sua attività attraverso buone pratiche. Paolo VI, in passato, diceva che il nostro secolo non ha necessità di maestri, ma di testimoni. Questo vale anche oggi. Chi fa attività d’impresa non deve avere la presunzione di essere maestro, ma deve avere la capacità di testimoniare la reale applicazione dei valori della Dottrina sociale e dei suoi contenuti.Quali appuntamenti per il prossimo futuro?Abbiamo il 31 ottobre l’udienza con il Santo Padre in sala Nervi. Poi ci sarà il Festival della Dottrina sociale della Chiesa previsto a Verona per fine novembre.