Economia

Coop Italia: «Sull’inflazione ancora preoccupati, dall'industria più responsabilità»

Paolo Viana, inviato a Milano Marittima venerdì 26 gennaio 2024

«La foresta della crisi va attraversata da protagonisti ma non da soli»: Camillo Gardini, presidente di “Impresa, Persona Agroalimentare” non nasconde che il momento resta difficile, di fronte alla platea gremita del Palace Hotel di Milano Marittima. L’ex Cdo agroalimentare, ogni anno sull’Adriatico, riunisce le imprese associate per ragionare sugli scenari del consumo: qui sono tutti d’accordo che i prezzi non crescono più ma il consumatore mantiene alta la guardia. Lo dice Nielsen. «Il 31% dei consumatori ritiene di aver meno capacità di spesa – ha spiegato ieri Matteo Bonù – ed è una percezione solo in parte legata all’aumento dei prezzi: solo se paragoniamo inflazione e salario e quindi la variazione dei tassi reali, vediamo che in Italia si verifica il maggior gap. È come se in busta paga finisse il 7% di meno». A pagare il conto è la spesa alimentare: un italiano su due la riduce, oppure cerca una promozione (discount), con qualche sbandamento nutrizionale, visto che nel 2023 sono cresciuti in parallelo gli acquisti di alimenti per salutisti, proteine a basso costo (pollo e tonno al naturale) e dolciumi. Il mercato alimentare l’anno scorso ha perso il 4,4% in volumi e ben di più in valore, un calo rallentato dai prezzi calmierati promossi dal governo, che in quest’intervista, Maura Latini, presidente di Coop Italia e ospite della kermesse, giudica una misura efficace ma non sufficiente.

Quanto ha funzionato il trimestre antinflazione?

In Coop ha indubbiamente funzionato perché la gente si concentrava sui prodotti “antinflazione” ma al tempo stesso noi aggiungevamo molte promozioni, per rispondere ai bisogni delle fasce sociali meno abbienti. Devo dire che la decisione dell’industria di sfilarsi dal trimestre non ha aiutato.

Quali prodotti sono più vulnerabili alle fiammate dei prezzi?

I freschissimi: gli agricoltori combattono una battaglia ormai quotidiana con il cambiamento climatico. Come i pescatori, che sommano all’incremento dei costi energetici la migrazione delle specie ittiche. Aggiungiamoci pure le crisi geopolitiche: Suez ci ha riportato indietro di anni… Non c’è un prodotto-vittima, c’è un mercato fatto di emergenze.

Cosa prevedete per la primavera?

Siamo preoccupati perché anche se l’inflazione ha visto un rallentamento (e non una inversione) i rincari comunicati dall’industria all’inizio del 2024 acuiranno la reazione dei consumatori che hanno modificato le proprie abitudini in modo strutturale e certo non torneranno facilmente indietro. In questo scenario, Barilla, che ha scelto di abbassare i prezzi di diversi prodotti, rappresenta quella parte dell’industria che ha compreso la necessità di strategie più responsabili.

Secondo i dati di Fiera Marca, oggi un prodotto su tre viene venduto con il marchio della distribuzione organizzata. Merito del prezzo o delle promozioni?

Assolutamente del prezzo. I prodotti a marchio sono stati impattati dall’inflazione più delle marche industriali ma oggi sono l’argine che tutela il potere d’acquisto delle famiglie, mantenendo un livello qualitativo e un risparmio medio del 30% sul prodotto in vendita.

Il 47% delle vendite di prodotti biologici porta il marchio della distribuzione. I brand stanno sparendo?

È un settore strategico. Coop fa numeri importantissimi (la linea Vivi Verde Coop è il primo brand del settore bio con un fatturato di 250 milioni di euro) perché ha investito per un ventennio. Anche questo settore però soffre: per la prima volta le famiglie hanno sacrificato anche questi acquisti, che rappresentavano la scelta di benessere trasversale di tutti i ceti sociali.

I supermercati sono leader anche nell’ecommerce del cibo. Siete bravi voi o i costi della logistica sono proibitivi per chi deve servirsi di un corriere?

L’exploit delle vendite online registrato nella pandemia si è arrestato. Anche noi stiamo ancora sperimentando e siamo cauti perché per noi restano centrali i negozi, che sono anche luoghi di comunità. Francamente, non capisco come mai Amazon cresca tanto in Borsa: questo boom dell’ecommerce nei bilanci non si vede…

Pam contro discount. Chi vincerà?

Abbiamo investito sui prodotti a marca e ci hanno consentito di incrementare la numerica, toccando segmenti inesplorati dei bisogni degli italiani. Le promozioni non sono aumentate ma sono aumentate le vendite a dimostrazione che il consumatore ricerca prodotti buoni sani e sicuri a un prezzo giusto per chi lo compra ma anche per il lavoratore della filiera che lo produce, e che va retribuito. Nel discount ciò non avviene. E anche per l’industria agroalimentare c’è una bella differenza a rifornire chi offre in un punto vendita tremila referenze e chi come noi ne offre quindicimila.

Torniamo ai provvedimenti che dovrebbero restituire potere d’acquisto alle famiglie. In una economia di mercato, cosa si può fare?

La situazione è critica e le diseguaglianze aumentano ma si può fare molto: bisogna metter più soldi in tasca agli italiani, con il taglio del cuneo fiscale strutturale e la reintroduzione di un salario minimo.