Intervista. L'economista Biggeri: «Possiamo rendere le città sostenibili»
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“L’ora di partecipare” è il titolo dell’edizione 2024 del Festival nazionale dell’economia civile, la sesta, che si è aperta giovedì a Firenze e si concluderà domenica. Al centro dell’evento – organizzato da Federcasse, Confcooperative, Next e Scuola di economia civile – ci sono i temi della partecipazione, del civismo e della cittadinanza attiva, elementi centrali perché fiorisca la vita democratica dei nostri Paesi.
«È legge dell’universo che non si può fare la nostra felicità senza fare quella degli altri». La citazione di Antonio Genovesi, filosofo ed economista italiano, che per primo si occupò economia civile, è amata dal professor Mario Biggeri, direttore scientifico del Yunus Social Business Centre e docente di Economia applicata all’Università di Firenze, a cui abbiamo chiesto di spiegarci come si possa diffondere in Italia il modello della Civil & Social Business City.
Quali sono gli aspetti che contraddistinguono la Civil & Social Business City?
Il social business e l’economia civile: due filoni generativi, capaci di creare innovazione sociale sul territorio si vanno a fondere nell’idea di sviluppo della Civil Social Business City. Questo modello è stato ispirato da Mohammad Yunus, premio Nobel per la pace che lanciò il social business, ossia attività che hanno come obiettivo stare nel mercato, ma allo stesso tempo non pensano alla massimizzazione del profitto, bensì in primis, alla massimizzazione dell’impatto sociale e ambientale. L’aggiunta della parte civil, cioè dell’economia civile, allarga il concetto a un ambito che sta molto a cuore al festival e porta al superamento dell’azione individuale attraverso un’azione collettiva per il bene comune. La nostra speranza è che questi due approcci insieme possano generare un sistema che faciliti la nascita di nuove forme imprenditoriali, nuove relazioni, nuove reti. Questo significa agire a più livelli: dalla formazione nelle scuole e rivolta anche ai cittadini, alla cooperazione tra i vari attori coinvolti.
Esistono città italiane che si sono sviluppate sul modello basato sull’idea di Muhammad Yunus?
Dal 2012 a Pistoia abbiamo creato la prima Social Business City che ha avuto un impatto notevole sulla cittadina toscana e nelle zone limitrofe, per questa capacità di generare formazione per le scuole e gli imprenditori. Ma anche perché capace generare una cooperazione tra gli attori che ha facilitato proprio l’incubazione di nuove imprese di social business. Quest’interazione tra gli attori è fondamentale e si rifà a un modello a quintupla elica, in cui l’amministrazione, l’accademia, le imprese, la società civile e l’ambiente interagiscono fra di loro per portare innovazioni sociali che producano vantaggi ambientali, coesione e inclusione sociale; tutti gli elementi devono essere concatenati. Oltre a Pistoia, possiamo menzionare anche il progetto Torino Social impact e altre attività che abbiamo sviluppato a Barcellona, Betlemme e addirittura Taiwan: bisogna tenere presente che queste attività devono essere poi contestualizzate con la realtà.
In che modo altre città italiane potrebbero replicare questo modello?
È centrale il ruolo dell’accademia per replicare il modello Civil & Social Business City, e più in generale è importante pensare di adattarlo al contesto, alle caratteristiche del territorio, alle problematiche e ai vari attori da coinvolgere. Se il terreno non è fertile, bisogna coinvolgere e spiegare e lavorare con le cinque eliche. Serve la sensibilità di chi governa, ma anche di chi fa impresa, guardando al bene comune: l’esperimento che lanciamo a Firenze ci permetterà di capire come creare un percorso di co-progettazione tra gli attori della quintupla elica, con l’ambiente che è rappresentato dall’uomo stesso, che conosce le necessità di un ambiente spesso sfruttato. Attraverso questo processo inclusivo e partecipativo di co-creazione, co-generazione proviamo a sviluppare un modello che sia replicabile in altre città. È chiaro che ci vuole un commitment, come direbbero gli inglesi, un desiderio della società civile o della autorità pubblica di iniziare un percorso di cambiamento.
Quali saranno le sfide del futuro da affrontare per perseguire questo modello di città sostenibile?
Dobbiamo essere in grado di incidere sul territorio, di generare entusiasmo attraverso risultati importanti, a livello cittadino. Tutti gli attori della quintupla elica devono vedere, in breve tempo, realizzate una parte delle azioni che hanno pensato, progettato. Dunque, tra le sfide per il futuro ci saranno, sicuramente, creare massa critica e fare rete, ma anche coinvolgere i giovani e la loro creatività nel processo di co-progettazione del loro futuro. Diamo spazio ai sogni dei giovani, per generare cambiamenti.