Economia

Innovazione. Da Milano a Roma: l'Italia si riempie di data center

Rachele Callegari venerdì 5 luglio 2024

Il data center di Data4 nel Milanese

Alle porte di Milano, di preciso a Vittuone, sorgerà un campus data center da 100 Megawatt di potenza. Si chiamerà Mil02: è l’ultimo investimento su suolo italiano, in ordine di tempo, di Data4, l’azienda francese leader in Europa nella progettazione, costruzione e gestione di data center. Il campus, una volta ultimato, sarà formato da quattro data center: la costruzione del primo sarà completa entro l’inizio del 2027. Al centro dell’investimento del valore di 500 milioni di euro c’è anche il tema della sostenibilità. Il campus sorgerà per il 60% su brownfield, termine che indica vecchie aree industriali abbandonate e spesso inquinate, e per la costruzione delle nuove infrastrutture sarà utilizzato calcestruzzo low carbon, che permette una riduzione sostanziale delle emissioni di anidride carbonica rispetto al calcestruzzo tradizionale. Una volta completati i lavori di Mil02, Data4 sarà presente in Italia con 18 Data center distribuiti su 28 ettari di terreno e una potenza complessiva di circa 300 Megawatt.

Oggi i data center rappresentano uno degli elementi chiave dell’infrastruttura digitale. Data la loro importanza, soprattutto dalla pandemia in poi, sono stati anche riconosciuti dal governo italiano come “infrastrutture critiche”, da cui, in situazioni di allarme, dipende la vita delle persone, al pari dei servizi elettrici e idrici. Grazie a queste infrastrutture, è possibile eseguire applicazioni comuni come la messaggistica istantanea o visualizzare contenuti da piattaforme di streaming. I data center consentono anche l’invio, l’archiviazione e l’interconnessione di informazioni da parte di aziende, Pubblica Amministrazione, ospedali o enti bancari.

Per tutte queste ragioni, il mercato dei data center è in continua espansione. Nel 2023, il valore investito in Italia è stato di 654 milioni di euro, il 10% in più rispetto all’anno precedente. Tra le ragioni di questo aumento c’è la crescita vertiginosa del numero di dati in Rete e al contempo la centralità che stanno assumendo nelle aziende. Grazie ai fondi del Pnrr, è stato creato il Polo Strategico Nazionale, un cloud dedicato alla Pubblica Amministrazione, ad oggi utilizzato da più di 300 amministrazioni. Secondo gli obiettivi del piano europeo, circa il 75% delle pubbliche amministrazioni italiane dovrebbe completare la migrazione dei dati verso il cloud entro il 2026.

L’Italia ospita circa il 13% dei 1.300 data center europei, ma ha un tasso di crescita di molto superiore a quello dei Flapd (Francoforte, Londra, Amsterdam, Parigi e Dublino), fra il 4 e l’8%. Milano è il primo polo infrastrutturale (seguita da Roma), anche per l’interesse dimostrato da vari investitori europei che vedono nella zona settentrionale dell’Italia un luogo non solo sicuro dal punto di vista strutturale (rispetto, ad esempio, a eventi sismici) ma anche ben collegato al bacino del Mediterraneo. Le aziende europee che investono nei Paesi africani preferiscono infatti salvare i propri dati in data center italiani.

L’impatto economico, occupazionale e anche sociale dei data center potrebbe avere una portata molto significativa. Ad oggi, i data center in Italia garantiscono 28.170 posti di lavoro. Di questi, 8mila sono occupati diretti e 13.500 nella catena indiretta. La creazione indiretta di posti di lavoro è dovuta al fatto che, oltre alle attività di costruzione e installazione, per i data center c’è spesso necessità di assumere personale esterno per la sicurezza o per supporto operativo e manutentivo. Altri posti di lavoro vengono creati in settori come l’ospitalità, i trasporti, i servizi pubblici. A completare il quadro ci sono gli oltre 6.700 addetti impiegati nell’indotto.

Gli investimenti attesi, nel quadriennio 2024-2028, ammontano a 4,8 miliardi di euro. Se queste cifre saranno rispettate, si stima che, considerato il rapporto fra Pil e potenza installata, il potenziale di crescita della sola città di Milano sarà di cinque volte superiore rispetto ai membri Flapd. A catena, questi investimenti avrebbero un effetto moltiplicatore su altri settori, ad esempio quello energetico. La domanda dei nuovi data center richiederebbe centinaia di Megawatt di energia rinnovabile ad alta stabilità, vista l’operatività continua degli stabilimenti. Questo porterebbe alla creazione di circa 30mila nuovi posti di lavoro per la costruzione, il funzionamento, la gestione di questi centri e l’indotto generato. Una volta raggiunto questo risultato, la previsione è quella di una cresciuta più lenta ma costante, con continui effetti positivi sull’occupazione e l’economia.