Indagine. Nella Fase 2 cambia la mobilità del lavoratore
Alessandro Ramazza, direttore del Randstad Research
Nel rispetto delle misure di sicurezza della Fase 2, cambia radicalmente la mobilità verso i luoghi di lavoro e non si ferma l’espansione dello smart working, destinato a diventare ormai una trasformazione irreversibile. Rispetto al periodo precedente alla crisi legata al Covid-19 in Italia, infatti, il 55% delle organizzazioni intervistate sta pianificando di passare in maniera strutturale a un mix di lavoro in azienda e a distanza, in altro 30% lo utilizzerà anche se in via secondaria, solo il 10% non lo prende neanche in considerazione. Il 70% delle aziende condivide la necessità di “investire nell'innovazione dei sistemi di mobilità pubblica e di adottare un approccio integrato". Il 20%, pur condividendola, la ritiene irrealistica, ma nessuna organizzazione pensa che ci sarà un rapido ritorno alla situazione precedente nella mobilità al lavoro. E il 40% delle aziende ha già designato un “mobility manager” o un’analoga figura interna per attuare misure come il coordinamento dei turni che permetta di utilizzare l’auto in due, l’allungamento e il contingentamento dell’orario di ingresso, lo smart working. Sono alcuni risultati del sondaggio sulla mobilità al lavoro realizzato da Randstad Research, il centro di ricerca autonomo e indipendente sul lavoro del futuro, rivolto ad un campione ragionato di 20 aziende medie e medio-grandi di sette regioni del Nord e del Centro Italia, da cui – seppure non rappresentativo della realtà complessa del Paese - emergono indicazioni sulle iniziative già attuate e quelle in programma, con alcuni chiaro-scuri.
L’indagine, infatti, rivela innanzitutto la complessità di integrare i servizi, le modalità e le diverse soluzioni di mobilità per favorire un rientro al lavoro in sicurezza. Il 40% delle aziende dichiara di essere al corrente delle misure attuate da aziende di trasporto pubblico: quali siano orari scaglionati, la sanificazione dei mezzi, le misure di distanziamento, l’obbligo di mascherine, i filtri all'accesso, il numero massimo di passeggeri a bordo. E il 25% ha già applicato misure di scaglionamento degli orari di ingresso e di uscita in ragione del trasporto pubblico. Lo spostamento in bicicletta è un’opzione da considerare, ma non sempre facilmente attuabile: solo nel 30% dei casi si può accedere all’azienda utilizzando una pista ciclabile. Qualche azienda ha messo a disposizione parcheggi per facilitare la mobilità in auto. In generale, emerge come l’uso del mezzo pubblico per recarsi al lavoro sia importante, ma riguardi la maggioranza dei dipendenti solo nel 20% delle aziende: per metà di queste, invece, coinvolge appena tra il 10% e il 30% della forza lavoro e, specialmente tra le aziende localizzate fuori dai centri urbani o per quelle con orari particolari di turni lavorativi, domina l’uso del mezzo privato.
«Dall’indagine emerge come lo shock, pur nella sua gravità, rappresenti un momento di apprendimento importante - afferma Alessandro Ramazza, direttore del Randstad Research -. Lo smart working da ripiego o complemento può diventare parte di una strategia di “lavoro distribuito” con impatti potenzialmente molto rilevanti su produttività, ambiente e benessere individuale e sociale, purché ciò avvenga in un quadro di programmazione, innovazione e condivisione. Al riguardo è cruciale la figura del mobility manager, intesa in senso ampio come una funzione HR strettamente integrata nella politica di investimento dell’azienda e del contesto locale, regionale e nazionale».