Indagine. Manager e impatto con la crisi
Manager in riunione
A causa della crisi in atto, il 90% dei manager prevede un pesante calo di fatturato (5-10%:15%; 15-20%:36%; 30% o più: 39%). Solo il 10% non prevede effetti negativi (7%) o prevede addirittura un aumento (4%). E qui i 15 giorni intercorsi tra le due rilevazioni (fine marzo e metà aprile) hanno pesato eccome, tant’è che i negativi prima erano comunque tanti, ma il 75% (15 punti percentuali meno di adesso) e soprattutto quasi triplicano quelli che si aspettano riduzioni del fatturato di almeno 30 punti percentuali: dal 14% al 39%. Questi i risultati del monitoraggio continuo sull’evoluzione della situazione che Manageritalia, insieme a Cfmt (Centro formazione management del terziario), sta attuando con il supporto tecnico di AstraRicerche. Qui, hanno risposto via web (Cawi) tra il 3 e l’11 di aprile 1.026 manager di altrettante aziende, un campione rappresentativo delle aziende del terziario che hanno dirigenti. Non c’è da stupirsi quindi se per il 76% dei manager l’impatto della crisi sulla propria azienda è molto negativo. Un peggioramento del 6% rispetto alla rilevazione avvenuta a inizio crisi. L’effetto negativo colpisce tutti, ma chi ne esce meno peggio (e a volte meglio) è senza ombra di dubbio il comparto Ict, in questo momento vero protagonista del lavoro degli italiani e dell’attività delle aziende con smart working, digitalizzazione dei processi organizzativi e di quelli di vendita.
Le misure per affrontare la crisi sono, anche rispetto al primo rilevamento, nel 59% dei casi espansive e soprattutto di riconsiderazione e sviluppo del business. Tra le espansive: rivedere alcuni aspetti della catena del valore (42%), sviluppare apposite campagne di marketing (40%), cambiare, anche solo momentaneamente, modello di business (30%), spingere le vendite con sconti e promozioni (26%), rivedere alcuni aspetti della catena logistica (24%) e puntare su mercati e paesi meno toccati dalla crisi (16%). Certo ci sono anche quelle in difesa con blocco assunzioni (33%), interruzione dei contratti a termine (24%) e, veramente a livelli bassissimi, chiusura di punti vendita (3%) e licenziamenti (2%).
Gli investimenti da sviluppare post crisi, a conferma di un sentiment proattivo, sono uguali o addirittura in aumento rispetto a quanto previsto prima dello scoppio della crisi, evidentemente per bilanciare l’effetto negativo di questi mesi. In particolare, detto che l’84% degli intervistati prevede l’aumento degli investimenti in almeno una delle aree considerate, si pensa di investire di più in ICT (52%), comunicazione esterna (44%), comunicazione interna (38%), eventi (37%), formazione (32%) e consulenza (25%). Insomma, la tendenza è quella di premere sull’acceleratore – anche più del consueto – per recuperare almeno in parte il tempo perso.
A livello di media mix della comunicazione il digitale dopo questa crisi avrà un’ulteriore accelerazione. Infatti se il 35% dice che non cambierà il media mix tra digitale e non, il 59% prevede un ulteriore spostamento verso il digitale (un po’ 33%; molto 26%).
Per quanto riguarda le diminuzioni momentanee della retribuzione dei dirigenti, cosa che in questo frangente di crisi sta rivelando una misura spesso chiesta spontaneamente dai dirigenti per aiutare azienda e collaboratori, abbiamo il 63% che non la farà (43%) o non sa ancora (21%), mentre il 17% l’ha già fatto, il 6% lo farà a breve e il 13% che sta pensando di farlo. E la diminuzione della retribuzione di chi l’ha già avuta è nella maggior parte dei casi (52%) tra il 15-25%, del 10% nel 24% dei casi, del 30-40% nel 6% dei casi e del 50-70% nel restante 17% dei casi.
«Certo la situazione è veramente difficile – dice Guido Carella, presidente di Manageritalia – e i manager intervistati ne sono consci. Mi colpisce però l’approccio proattivo già volto alla ripresa con azioni forti e diffuse in ben più della metà degli intervistati a livello di marketing e vendite, così come l’aver subito affrontato duraturi o momentanei cambiamenti nei mercati serviti, nella catena del valore e logistica e nel modello di business, anche se è vero che stiamo parlando di aziende con una buona struttura manageriale e capacità di competere. Altrettanto significativa l’intenzione maggioritaria di investire ancor più di prima e di puntare su digitalizzazione e formazione. E di manager e managerialità come questa e con queste prerogative il Paese e le nostre aziende hanno tanto bisogno per progettare e vivere da protagonisti la ripresa. Sarà opportuno tenerne tutti conto e metterlo tra le priorità».
«La situazione attuale, ma ancor più il rapidissimo cambiamento messo in atto e in fase di implementazione dai manager a livello di modelli di business, catena logistica, politiche di marketing e vendita – dice Pietro Luigi Giacomon, presidente di Cfmt - evidenzia l’importanza del nostro ruolo nell’affiancare i manager nella ripresa con formazione, scambio culturale e di esperienze che possano portare valore aggiunto alla competitività delle persone e delle aziende. Il grande successo della nostra formazione online in questo periodo dimostra l’importanza del nostro ruolo e la voglia dei manager di agire prima di tutto su sé stessi e sui collaboratori per innovare strategie, organizzazione e gestione aziendale».