Inclusione. Il contributo del disability manager
Sempre più importante il ruolo dei disability manager in azienda
«Le conseguenze sanitarie, economiche e sociali di questa emergenza sono sotto gli occhi di tutti e coinvolgono indistintamente ciascuno di noi. Tuttavia, le persone con disabilità, in particolare quelle con patologie croniche o con multimorbilità, con stati di immunodepressione, con disturbi dello spettro autistico, con patologie oncologiche e, più in generale, tutte quelle che presentano un quadro clinico precario, sono maggiormente esposte sia ai rischi sanitari derivanti dall'epidemia sia alle conseguenti ricadute sociali. Anche in questa situazione, il disability manager può apportare un contributo fondamentale». A dirlo è Palma Marino Aimone, consulente Hr disability e diversity manager presso Sidima, la Società italiana disability manager. Il primo riferimento è al Dpcm “Cura Italia”: «Nelle aziende la gestione dell'emergenza dovuta al coronavirus passa necessariamente per l'attuazione delle misure di tutela e sicurezza sul lavoro. In questo contesto, la funzione Risorse umane svolge un ruolo di grande responsabilità nel gestire le diverse dinamiche che interessano i lavoratori. Ugualmente importante, dove è presente, è il disability management - quella funzione che gestisce un coordinamento efficace delle attività che riguardano il personale con disabilità o caregiver -, fondamentale per la tutela sanitaria e per l'effettiva inclusione dei dipendenti con disabilità e dei caregiver». Come spiega Marino Aimone, è compito anche del disability manager collaborare con le altre funzioni aziendali per la definizione degli "accomodamenti ragionevoli" previsti dalla legge, ossia delle soluzioni operative volte a rimuovere gli ostacoli per una piena inclusione lavorativa affinchè la persona con disabilità possa mantenere il posto di lavoro anche in questa fase. Il disability manager può essere d'appoggio alle persone con disabilità nella scelta degli strumenti di cui usufruire, tra congedi parentali speciali, ferie (anche solidali) ed eventuale malattia (sia essa malattia, sorveglianza attiva, permanenza domiciliare fiduciaria, quarantena). «Naturalmente, il ruolo del disability manager è cruciale sul tema smart working».
Il “Cura Italia” dà diritto ai lavoratori con una disabilità grave e ai caregiver di persona con disabilità grave di lavorare in modalità agile fino al 30 aprile. «L'istituto dello smart working consente in linea di principio di sfruttare al massimo la capacità produttiva individuale, specie delle persone con disabilità. Tuttavia manca spesso una struttura di supporto adeguata a gestire tale forma di lavoro su larga scala o in maniera appropriata alle esigenze del lavoratore con disabilità». Il riferimento è alla tante aziende che, alla luce della situazione emergenziale in essere, sono state sollecitate ad applicare una specie di home working, «con tutte le difficoltà insite nel lavorare da casa in un momento in cui sono chiuse le scuole e i centri diurni e nel quale non sono possibili gli spostamenti. In molti hanno dovuto adeguarsi rapidamente a una modalità di lavoro che avrebbe dovuto essere gestita come un progetto di trasformazione organizzativa articolato su diverse fasi operative, una formazione specifica e una costante attività di monitoraggio per garantire i migliori risultati». Nel caso di lavoratori con disabilità, «le aziende hanno dovuto confrontarsi in tempistiche molto strette con la necessità di adottare una tecnologia abilitante e accessibile per i lavoratori con disabilità, declinata quindi in base alle reali esigenze operative di questi collaboratori, condizione necessaria per il corretto funzionamento del sistema di smart working. Alla luce di queste considerazioni, il ruolo del disability manager risulta chiaramente imprescindibile». Secondo Palma Marino Aimone, però, la principale funzione del disability manager è sicuramente quella di essere il referente dei lavoratori con disabilità, sia in fase di assunzione sia nello svolgimento delle proprie mansioni o in ogni altra situazione di possibile disagio. «Passare molto tempo a casa senza la necessaria interazione con l'azienda rischia di peggiorare la salute delle persone con disabilità, di impoverire le relazioni umane e di abbassare il livello di apprendimento e produttività lavorativa». Per questo, il dpcm potrebbe proporre «l'attivazione di percorsi di formazione a distanza sul tema dell'empowerment a beneficio non soltanto delle persone con disabilità ma dell'intera struttura aziendale». L'auspicio è che lo smart working sperimentato in emergenza possa poi essere mantenuto e implementato una volta che si sarà tornati alla normalità: «Non è solo un'opportunità per il lavoratore, ma anche per il management e l'organizzazione. Ottimizzazione del costo del lavoro, merito, obiettivi. Ma anche, per le persone con disabilità, riduzione dei costi dell'assenteismo, specie quello relativo alle diverse patologie, il tutto a beneficio dell'efficienza produttiva. Un terzo del costo sociale di malattia è infatti legato alla perdita di produttività». Al momento, le norme in vigore (extra dcpm Covid) non considerano il lavoro agile priorità per i lavoratori con disabilità: «Passata la fase emergenziale, speriamo che il legislatore prenda spunto da quanto normato con il “Cura Italia” per indicare una priorità all'utilizzo dello smart working, anche per le persone con disabilità. Sidima si renderà proattiva in tal senso».