La piaga maggiore del
settore assicurativo in Italia – è notorio – è quella delle
false testimonianze. Stiamo parlando della pessima abitudine di ingaggiare testimoni compiacenti pronti a confermare una dinamica diversa da quella effettiva di un sinistro oppure di inventare di sana pianta un incidente stradale mai verificatosi. Lo scopo è drammaticamente semplice: incassare
risarcimenti non dovuti, che finiscono in quel margine di rischio che le compagnie spalmano poi su tutte le polizze. Qualcosa sta cambiando, per merito della tecnologia. La
Corte di Cassazione ha trattato recentemente il tema sottolineando il rigore con cui va trattata la materia, in particolare la necessità di provare accuratamente i fatti ed escludendo che sia il giudice a dover colmare le lacune di ricostruzioni insufficienti e richieste danni basate su troppe genericità.
Peraltro, il tema del risarcimento dei danni provocati dagli incidenti stradali è un tema discusso tanto nelle aule giudiziarie quanto in Parlamento. Il punto fondamentale è quello di dare una stretta alle frodi, senza negare il diritto dei veri danneggiati ad essere risarciti. Nel 2017 è stato introdotto il comma 3 bis nell’articolo 135 del Codice delle Assicurazioni, che impone di
identificare i testimoni prima dell’inizio della causa, per scongiurare il rischio che vengano introdotti testi a procedimento iniziato per supportare le false ricostruzioni. Una norma giusta che nella realtà dei fatti non ha trovato grande applicazione.
Si diceva della Cassazione che ha siglato
l'ordinanza 28924 del 5 ottobre 2022 e la contestuale decisione 28622/2022. Di fatto, entrambe
depotenziano il ruolo dei testimoni se non supportati da prove fotografiche, evidenziando come, nell’era degli smartphone e della cultura dell’immagine, «non sia normale che un incidente non sia stato fotografato dalle parti in causa per documentare i danni». Un elemento nuovo, che non può certo diventare regola poiché bisogna ammettere la possibilità che effettivamente nessuno abbia scattato foto, al di là che i danni ci siano o meno. Però (questo è un dato di fatto), la Corte sottolinea che in mancanza di prove fotografiche, la parola del testimone valga di meno: il che apre una valutazione "sul campo" diversa nello stabilire il risarcimento (se ì necessario) e soprattutto rende meno tranquilli quanti insistano a fare falsa testimonianza.