Industria bellica. In Borsa è un momento d'oro per i costruttori di armi
Rheinmetall, Knogsberg Saab e Leonardo: continua la corsa dei titoli del settore Difesa
Sulle Borse di tutto il mondo ci sono ben pochi titoli in grado di rivaleggiare con il colosso tecnologico Nvidia, il produttore americano di chip per l’intelligenza artificiale che l’anno scorso ha triplicato il suo valore e che questa settimana ha ripreso a correre dopo risultati finanziari migliori delle previsioni. Fra questi pochi titoli c’è però un intero settore, quello della Difesa, che dopo la corsa iniziata nel 2022, in concomitanza con l’esplosione del conflitto tra Russia e Ucraina, e i record del 2023, ha proseguito nelle ultime settimane a macinare massimi storici.
L’escalation di violenza in Medio Oriente e i continui combattimenti in Ucraina hanno dato infatti un’ulteriore spinta ai produttori di armi, al punto che la performance in Borsa è degna di nota anche in questo primo scorcio del 2024. Una tendenza che una volta di più ha messo gli investitori di fronte a un dilemma, e cioè se le sofferenze di una moltitudine di persone possano rappresentare un’opportunità di arricchimento per chi specula. Un problema soprattutto per i fondi etici, che si ispirano a criteri di sostenibilità, ma che in misura crescente devono fare i conti con le pressioni dei governi interessati a tutelare colossi industriali strategici. È il caso del Regno Unito, dove il gruppo finanziario Aviva ha dovuto recentemente rivedere i suoi piani di uscire dagli investimenti nell’industria bellica, in seguito alle dure critiche ricevute dal ministero della Difesa. Né sono mancate altre considerazioni politiche, come l’appello lanciato dal leader repubblicano Donald Trump, che a pochi mesi dalle presidenziali Usa ha caldamente invitato gli alleati europei della Nato a mettersi in pari con gli impegni al riarmo previsti dall’Alleanza, un film già visto, ma che ha fatto riemergere lo scenario di un’America “isolazionista” e di un graduale disimpegno internazionale degli Stati Uniti qualora l’ex presidente tornasse alla Casa Bianca.
A stretto giro il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha annunciato che 18 Stati membri dell’Alleanza atlantica spenderanno quest’anno per la difesa 380 miliardi di dollari, equivalenti al 2% del loro prodotto interno lordo combinato. Livelli di spesa che nel Vecchio Continente non si vedevano dai tempi della Guerra Fredda. Da qui una crescente attenzione degli investitori, privati e istituzionali, per il settore europeo degli armamenti.
Tornando alla Borsa, fra i dieci titoli mondiali da oltre 10 miliardi di capitalizzazione che hanno registrato i maggiori progressi da inizio anno, gli unici due europei sono Rheinmetall e Kongsberg, rispettivamente un produttore tedesco di munizioni e uno specialista norvegese di sistemi marittimi e militari. Entrambi i titoli hanno guadagnato oltre il 40% quest’anno. Non sono molto distanti l’italiana Leonardo (+27%) e la svedese Saab (+30%), mentre a un livello più basso di capitalizzazione spicca un’altra società tedesca, Hensoldt (partecipata da Leonardo e dallo Stato tedesco), con +28,5% finora nel 2024.