Economia

L'impresa possibile. Impresa e bene comune: dalla legalità alla responsabilità

Massimo Folador sabato 1 ottobre 2016
Fu Monsignor Bregantini, allora Vescovo di Locri, il primo a parlarmi di Goel e Vincenzo Linarello, appuntandomi il suo numero su un post-it e suggerendomi di incontrarlo. Il fatto che Vincenzo avesse lavorato al suo fianco ed 'ereditato' la responsabilità delle Cooperative nate nella Locride durante il suo episcopato, mi diceva che era bene che lo facessi quanto prima. La prima occasione fu un Convegno in LIUC dedicato a 'Etica e impresa' in cui Vincenzo stupì i partecipanti raccontando come la riuscita del loro lavoro in una zona così difficile fosse legata proprio alla scelta di operare in modo trasparente ed etico su tutti i fronti, con l’obiettivo di testimoniare quanto questa strategia non fosse solo giusta ma anche utile e conveniente. 'Kalos kai agathos', direbbero i filosofi greci. «Quando abbiamo dato vita a questo progetto avevamo molte idee da sviluppare ma anche alcuni punti fermi da cui partire», mi racconta Vincenzo a margine di un incontro a cui partecipiamo assieme. «I grandi valori della Dottrina Sociale della Chiesa innanzitutto e la certezza che in una zona in cui la criminalità ha strumentalizzato l’insicurezza economica, noi avremmo dovuto fare esattamente il contrario, usando il lavoro come momento di riscatto. Non per niente Goel nella Bibbia indica colui che toglie dalla schiavitù l’uomo, lo riporta alla sua dignità». La mia domanda però è immediata: da dove siete partiti per riuscire a realizzare questo progetto e dare così una speranza concreta ad una terra spesso avvinta dallo sconforto? «Dalla certezza che l’etica è efficace se poggia su basi valoriali autentiche e su scelte concrete», riprende Linarello. «Dovevamo dimostrare che fare le cose giuste e farle bene è un’alternativa possibile e redditizia. Così siamo partiti da una delle mille risorse che la nostra splendida terra poteva regalarci, l’agricoltura, ed è nata Goel Bio, una delle nostre cooperative più importanti. Essa si occupa della produzione di frutta e ortaggi del nostro territorio ed è cresciuta moltissimo in questi anni perché, grazie a partners di rilievo nazionale e alla nostra capacità di supportare i produttori nel loro lavoro, oggi è in grado di pagare il prodotto circa otto volte quello che viene pagato normalmente, pur rimanendo nei parametri di vendita al consumatore finale. Questa strategia garantisce ai soci un giusto reddito d’impresa e le risorse per gestire con correttezza e professionalità l’attività; a noi come cooperativa di raggiungere quella qualità di prodotto che il mercato oggi richiede». Un ciclo virtuoso insomma, di quelli che talvolta leggi soltanto nei testi sacri di management. Ma la malavita - domando - il vostro 'concorrente' più agguerrito, cosa ha fatto in questi anni? «Non è certo rimasto a guardare e siamo stati attaccati più volte: furti, incendi dolosi, distruzione dei raccolti, ma la rete che abbiamo saputo creare ha reagito ogni volta e in poco tempo siamo stati capaci di ridare, con l’aiuto di tutti, ciò che era stato sottratto da pochi. Le imprese colpite si sono viste riconsegnare strumenti di lavoro e immobili nuovi al posto di quelli vecchi distrutti e il doppio delle piante devastate. Il momento della riconsegna dei beni l’abbiamo chiamato 'Festa della ripartenza', perché è bello fare festa quando un’impresa torna alla vita più rigogliosa di prima». Avremmo ancora molte cose da dirci ma oggi ci aspettano tante persone che vogliono capire quanta speranza si possa generare con dei gesti concreti e quel coraggio che questo pezzo di Calabria ha saputo dimostrare.