Economia

Il caso. Di Maio: non mollo l'Ilva a chiunque. E chiama in causa l'Avvocatura

Maurizio Carucci mercoledì 8 agosto 2018

L'Ilva di Taranto (Ansa/Ufficio stampa questura di Taranto)

Situazione di stallo sull’Ilva di Taranto. Dopo l’incontro di lunedì, il ministro dello Sviluppo e del Lavoro Luigi Di Maio avverte: «Non la mollo a chiunque». «Ora – spiega il vicepremier– pende la spada di Damocle della gara. Ma su questo deve rispondere l’Avvocatura». Ilva «è il più grande stabilimento siderurgico d’Europa che un anno fa si decise di affidare a un privato. Ho chiesto: ma è tutto in regola? La gara lo è? L’Anticorruzione ci ha detto no. Si era dato maggior punteggio all’offerta economica invece che a quella ambientale e occupazionale. Morale: ora sto mettendo intorno a un tavolo sindacati e azienda, ma non vanno d’accordo perché bisogna smetterla con l’idea che servono solo i soldi. Mi si chiede di risolvere in tre mesi una cosa abbandonata da 20 anni. Ma io non mollo l’Ilva a chiunque».

Lunedì il tavolo al Mise sull’Ilva «è stato un primo tentativo di ripartenza, ma è chiaro ed evidente che questo piano occupazionale non può assolutamente soddisfare le nostre esigenze», commenta Di Maio: con Arcelor Mittal «non ci sono passi in avanti». In questi giorni, dopo gli approfondimenti sugli eventuali esuberi, il ministro potrebbe riconvocare le parti dopo il 20 agosto. «Ma non lo riconvoco – precisa Di Maio – se non ci sono da parte dell’azienda segnali di miglioramento sul piano occupazionale. Non ha senso rivederci se si prevedono 10mila assunti su oltre 13.500 e tutti gli altri che devono restare a carico dello Stato».
Dal canto suo Arcelor Mittal fa sapere di ritenere l’incontro «positivo perché ha consentito la ripresa del dialogo» tra le parti. L’azienda conferma l’impegno «di dedicare i prossimi giorni all’approfondimento delle rispettive posizioni, alla verifica di questioni tecniche e legali e alla definizione di successive ipotesi di lavoro in modo da potersi incontrare nuovamente a breve su basi più efficaci».

«Sono emersi due aspetti. – affermano fonti sindacali –. Il primo è che i 200milioni di euro annunciati da Calenda come risorse da usare per favorire gli esodi agevolati e incentivati e diminuire in modo non traumatico il personale Ilva, non esistono come dotazione del governo. Il governo non può mettere soldi in questo campo. Violerebbe le regole europee. E siccome i rappresentanti di Arcelor Mittal hanno posto la domanda per sapere se il governo intenda o meno finanziare le uscite volontarie dall’Ilva, si è appreso che, in realtà, questi soldi sono dell’amministrazione straordinaria di Ilva». Per il segretario generale dell’Ugl Metalmeccanici, Antonio Spera, «è un muro di gomma la posizione di Arcelor Mittal sui livelli occupazionali. Ormai la trattativa va avanti da oltre un anno e circa 50 incontri. L’incontro di ha confermato la fase di stallo della trattativa che conferma circa 4mila esuberi».