Ilva. Tra sindacati e azienda fissati nuovi incontri
Il tavolo sull'Ilva al ministero dello Sviluppo economico si è concluso con la programmazione di tre nuovi incontri: azienda e sindacati torneranno a riunirsi il 13, il 20 e il 23 aprile. Al centro del confronto odierno - ha spiegato il segretario generale della Fim, Marco Bentivogli - il tema della «discontinuità occupazionale»: il commissario straordinario dell'Ilva Enrico Laghi ha ribadito che il bando europeo prevede la discontinuità dei rapporti di lavoro, pena infrazione. Arcelor Mittal (Am) e Investco (Gruppo Marcegaglia) dovranno quindi cambiare formalmente il rapporto di lavoro con i dipendenti Ilva. «Per quanto ci riguarda - ha sottolineato Bentivogli - ci può anche essere discontinuità formale, ma non sostanziale. Devono essere mantenute tutte le condizioni attuali in termini di anzianità aziendale, di professionalità e soprattutto di retribuzione». Arcelor Mittal - ha affermato Bentivogli - ha espresso l'intenzione di discutere la parte variabile del contratto: i sindacati sono disponibili «purché le condizioni dei lavoratori rimangano invariate, con gli stessi istituti, le stesse retribuzioni, le condizioni contrattuali preesistenti».
Nel prossimo incontro del 13 si tornerà a parlare di contrattazione di secondo livello, anche perché «Am non conosce bene quella dell'Ilva e ci ha chiesto cose che già sono previste». Quindi si procederà con il problema più delicato, quello dei livelli occupazionali: «Abbiamo ribadito anche oggi - ha detto Bentivogli - che non accetteremo esuberi o licenziamenti. Qualora ci fossero strumenti alternativi devono essere
solo su base volontaria. Si tratta di costruire una strumentazione, ma è ancora tutta da verificare». Fim, Fiom e Uilm hanno poi chiesto al tavolo che il piano ambientale e il piano degli investimenti siano
parte integrante dell'accordo.
Il tavolo di oggi al ministero dello Sviluppo economico era presieduto dalla viceministro Teresa Bellanova, presenti i commissari straordinari dello stabilimento siderurgico, i rappresentanti di Am e Investco, la delegazione sindacale con il segretario generale della Fim Marco Bentivogli, il segretario nazionale della Fiom Rosario Rappa e il segretario nazionale della Uilm Guglielmo Gambardella. Entrando al ministero, Rappa ha ribadito la posizione a difesa dell'intera rioccupazione dei dipendenti: «Se Am e ministero non modificano concretamente il contratto stipulato e pensano che sottoscriveremo il loro accordo (che prevede 4mila esuberi, ndr), non ci sono i margini per riprendere la trattativa. Se ci sono cambi di posizione si va avanti, se no, no».
Il vertice odierno arriva a pochi giorni dagli ultimi del 4 aprile e del 29 marzo e nonostante confronti così ravvicinati, la trattativa, infatti, non ha compiuto un passo avanti, ma resta ferma a un importante blocco di partenza. Ovvero quante persone, rispetto all'attuale forza lavoro dell'Ilva, devono transitare in Am Investco. Partendo dal dato che sono 14mila circa gli addetti Ilva, i sindacati chiedono che siano tutti assunti da Am Investco. Ma quest'ultima tiene ferma la sua proposta di giugno, ovvero 10mila unità, e afferma che questo numero è stato pattuito col governo al momento del contratto di fitto successivo alla gara di aggiudicazione.
I 10mila, per Am Investco, sono già un numero più alto rispetto agli 8.500 proposti dalla multinazionale
dell'acciaio e 8.500, sempre secondo Am Investco, dovranno essere i numeri finali di Ilva, quando cioè l'impianto di Taranto sarà andato a regime e i piani industriale e ambientale, con un investimento globale di 2,3 miliardi di euro, saranno stati portati a termine nel 2023.
I sindacati respingono gli esuberi e contestano ad Am Investco il fatto di voler produrre a regime quasi dieci milioni di tonnellate di acciaio l'anno con una forza lavoro ridotta rispetto a quella attuale. Già da mesi nella trattativa sull'Ilva c'è il nodo dei 4mila esuberi e per loro si è sempre detto, da parte del governo e dei commissari, che sarebbero rimaste in carico all'amministrazione straordinaria tra attuale cassa integrazione
straordinaria o reimpiego nelle bonifiche, visto che c'è una parte del disinquinamento che gestiranno i commissari Ilva con i soldi della transazione Riva: un miliardo di euro. Ma avvio del piano delle bonifiche da parte dei commissari ed eventuali ammortizzatori collegati non sono stati mai discussi al tavolo Mise e questo, per i sindacati, rende tutto più incerto e problematico.
Pesa infine l'assenza, in questa fase, di un governo nel pieno dei suoi poteri. Il ministro Calenda e il vice ministro Bellanova continuano a seguire il tavolo Ilva così come stanno facendo da mesi ma, sottolineano i sindacati, c'è bisogno di una presenza della politica e del governo più forte di quella attuale. Per chiudere
l'accordo sull'Ilva, spiegano i sindacati, c'è bisogno di strumenti di accompagnamento che tutelino i lavoratori che non passeranno nell'immediato ad Am Investco. Strumenti che sono essenzialmente
ammortizzatori sociali, non escluse forme di esodo agevolato e incentivato, e che hanno bisogno di fondi pubblici per poter essere messi in campo.