La 'notizia' parte dall’allarme di un sindacalista della Cgil, viene lanciata da qualche quotidiano, finisce sul blog di Grillo e infine si diffonde sui social: «Il governo trucca i dati sulla disoccupazione». O meglio: il «mago- Otelma Poletti ha trovato il modo di far sparire la disoccupazione con una magia». Oh, finalmente l’esecutivo è smascherato! Cerca di falsare i dati sul lavoro e adesso c’è la prova! Già, la prova. Peccato che sia proprio quest’ultima a non reggere. Basta una piccola verifica, leggere qualche nota per accorgersene. Ma nessuno di quelli che rilanciano la notizia se ne prende la briga. Andiamo con ordine. Alla vigilia di Natale una circolare (la 34/2015) del ministero del Lavoro ridisegna alcuni obblighi di comunicazione per assicurare prestazioni sociali e servizi anche a chi non è del tutto disoccupato ma svolge qualche lavoretto saltuario, stabilendo che, perciò, non è più necessario iscriversi come 'disoccupato' ai Centri per l’impiego, essendo sufficiente un’autodichiarazione di 'inoccupazione'. La circolare è scritta come al solito in burocratese, ma non è difficile comprendere che l’intento è quello di agevolare soggetti deboli e precari. Invece, secondo l’accusa ciò comporterebbe– sostiene il M5S – «la falsificazione delle statistiche sulla disoccupazione. L’Istat infatti usa i dati sui disoccupati forniti proprio dai Centri per l’impiego: se non è più obbligatorio iscriversi per ottenere lo status di disoccupato, tali dati rispecchieranno il calo degli iscritti ai Centri dell’impiego, e non quello dei disoccupati». Insomma, «una soluzione da mago da quattro soldi». Solo che a non valere quattro soldi è la teoria sostenuta. L’Istat infatti per le statistiche sulla disoccupazione non incorpora le iscrizioni ai Centri per l’impiego ma basa le sue stime sulle interviste a un campione di famiglie con un questionario da 78 pagine, in base a criteri armonizzati a livello europeo. La persona interpellata viene classificata come disoccupata se, nelle 4 settimane precedenti l’intervista ha effettuato un’azione attiva di ricerca di lavoro ed è disponibile a lavorare. Per verificarlo basta leggere le note metodologiche alla fine di ogni comunicato dell’Istituto di statistica. I dati sul lavoro vanno sempre analizzati andando oltre la scontata propaganda governativa. Ma il trucco questa volta non c’è. E si vede (se si vuole).