Intervista. Il vescovo di Tortona: «Il tempo non è più dell'uomo, ma del denaro»
Il vescovo di Tortona, Vittorio Viola
Monsignor Viola, nella sua diocesi l’outlet più grande d’Europa cancella la Pasqua per fare affari, ma lei ha detto di non essere sorpreso. In che senso?
Sono addolorato, molto addolorato – risponde monsignor Vittorio Viola, vescovo di Tortona – e sono contrario a privare i cristiani – e non solo i cristiani – della Pasqua, ma non posso essere sorpreso se una società quasi completamente secolarizzata, dopo aver rinunciato al riposo domenicale, dimentica la Resurrezione di Nostro Signore.
Serravalle Scrivia è la nostra Vandea?
È il punto in cui si scontrano due visioni della vita e del mondo. Spesso ci illudiamo di vivere ancora in una società cristiana, ma già nel 1984 la Cei, con la nota Il giorno del Signore metteva in evidenza come la domenica non sia solo il giorno che si dedica al culto ma un 'dono' del Signore. Noi non difendiamo il riposo domenicale, e a maggior ragione quello della domenica di Pasqua, per un motivo esclusivamente religioso: per i cristiani, è il giorno del Signore, della Chiesa e dell’Eucaristia, ma anche della missione, della carità e della festa; per tutti, è il giorno della fraternità e della famiglia.
Perché è tanto importante non lavorare quel giorno?
Togliere il giorno di festa non significa solo cancellare delle tradizioni, delle liturgie, una storia, ma significa modificare il senso del tempo: rendendo ogni giorno uguale all’altro, si cancellano valori e significati, la nostra vita perde una direzione, diventiamo una massa di individui che ripetono le stesse azioni ogni giorno, uguali a se stesse: faticano e producono, ma non lavorano; consumano e non crescono; si divertono ma non sono mai felici. In una simile società il tempo non va nella direzione decisa dall’uomo, ma lo spinge, lo rincorre e lo divora.
Quindi la Chiesa si schiera con lo sciopero?
La Chiesa di Tortona si schiera con l’uomo, è vicina ai lavoratori che difendono i loro diritti, ma non può fermarsi alla dimensione corporativa, pur legittima, della protesta sindacale, perché anche l’outlet di Serravalle Scrivia è parte di quel mondo amato da Dio fino a mandarvi suo Figlio. La società americana che lo amministra non è il 'nemico' ma un interlocutore con cui vorrei confrontarmi.
Cosa chiederebbe alla McArthurGlen?
Innanzi tutto mi piacerebbe conoscerla, perché il problema in queste vicende è che l’interlocutore è un potere senza volto né nome. Al contrario, sarebbe utile confrontarsi con chi decide e discutere i criteri di queste decisioni. Si insegue solo il profitto? E allora, a Pasqua si fattura veramente così tanto che diventa 'conveniente' imporre tale sacrificio? Si deve fare perché altrimenti non ci sarebbe lavoro in zona? E questo non è forse un ricatto?
Il problema si potrebbe risolvere intorno a un 'tavolo' di discussione?
Forse, anche se il problema a mio avviso è più profondo e riguarda il tipo di società che vogliamo. In questo pezzettino di terra un po’ piemontese e un po’ ligure, si verifica quello che ho scritto nella mia prima lettera pastorale e cioè che il processo di secolarizzazione, partito come delegittimazione dell’umanesimo cristiano, è giunto al capolinea del nichilismo, negando Dio ma anche l’uomo. Il problema è che i cristiani, che spesso trascorrono la domenica al supermercato o all’outlet, si illudono che non li riguardi. Purtroppo, invece, non siamo più in grado di tradurre il Vangelo in politica, e facciamo scelte devastanti come quella di autorizzare la diffusione del lavoro domenicale, perchè la secolarizzazione ci ha svuotati dentro come un tarlo.
Lei è un frate: cos’avrebbe fatto san Francesco al posto di monsignor Viola?
Il Santo di Assisi aveva visto chiaramente il rischio contenuto nell’uso del denaro e, per contro, anche la dimensione umana del lavoro. Voleva che i frati lavorassero, con le loro mani, parlava addirittura della 'grazia' del lavoro, mentre metteva in guardia dall’inganno del denaro.
I francescani scendono in piazza contro le ingiustizie?
I francescani lodano il Signore, sorridono, abbracciano i fratelli, anche quelli che vanno all’outlet e anche quelli che fanno scelte imprenditoriali sbagliate. Il compito dei cristiani oggi è amare questo mondo secolarizzato, senza raccontarsi che non lo sia, e quindi ripartire dall’annuncio del Vangelo, senza attardarsi in lamenti e pianti. Come san Paolo che, quando sbarcò tra i Corinti, non si lamentò perché erano pagani, ma li amò di un amore grande, quello di Cristo.