La sorpresa. Per i giovani italiani fare il collaboratore domestico non è più un tabù
Giovani in supporto di un gruppo di anziani nella Sala digitale del Pio Albergo Trivulzio a Milano
Il lavoro domestico non è più un tabù per i giovani, anche per quelli italiani, soprattutto se vivono al Sud. Assistere una persona anziana, portare i bambini al parco, ma anche prendersi cura della casa di una famiglia non viene più considerato un lavoro di serie B. A dirlo sono i numeri fotografati da un rapporto di Domina, l’associazione nazionale delle famiglie datoriali, che analizza i dati relativi al 2022. A conti fatti sono 51mila gli under 30 con regolare contratto impiegati nel settore. Rappresentano circa il 5,7% del totale di chi si occupa di assistenza domestica. Più di un su tre, il 35% per l’esattezza, è italiano. Nel 2012 erano meno del 10%. Di contro la componente straniera in dieci anni ha subito un drastico calo del 75%.
I giovani lavoratori domestici italiani con meno di 30 anni sono quasi 18mila e sono, come in tutto il lavoro di cura, in stragrande maggioranza donne (l’82% del totale). Più della metà (il 58%), si occupa di assistenza alla persona ed è inquadrato come badante, mentre il 42% è inquadrato come colf. Il guadagno medio è di 3700 euro, importo abbastanza contenuto che deriva sia dall’orario ridotto (il 55% lavora meno di 19 ore a settimana), sia dalla durata dei contratti che per un lavoratore su due non supera i 6 mesi. Solo il 7% di questa categoria di lavoratori supera i 10mila euro di retribuzione annua, del resto meno di uno su dieci lavora almeno 35 ore a settimana. La concentrazione maggiore è al Sud, dove è impiegato il 47% dei lavoratori domestici under 30 italiani. Un dato direttamente collegato all’elevato tasso di disoccupazione giovanile.
A livello regionale la Sardegna si trova in prima posizione con 3mila e 200 addetti, più di quelli contrattualizzati in Lombardia che sono 2mila mentre nel Lazio si fermano a mille e 800. Pur essendo una regione molto meno popolosa rispetto alle altre due questo dato non deve sorprendere, dal momento che proprio la Sardegna ha il record dei lavoratori domestici di cittadinanza italiana che sono l’82% del totale. Per quanto riguarda l’incidenza dei giovani sul totale lavoratori domestici, il primato spetta alla Calabria con un lavoratore domestico su dieci ha meno di trent’anni. La presenza dei giovani è invece molto più bassa in Veneto (4,3%) ed Emilia Romagna (4,4%).
«Il lavoro domestico rappresenta non solo una necessità per le famiglie italiane ma anche, specialmente nei momenti di crisi economica, un’opportunità. Anche per i giovani italiani questo settore può essere un’opportunità di lavoro. In particolare, nelle regioni del Sud caratterizzate da un alto tasso di disoccupazione giovanile, il lavoro domestico può rappresentare un ambito sicuro, formativo e duraturo» commenta Lorenzo Gasparrini, segretario generale di Domina.
Situazione diversa per quel che riguarda i giovani lavoratori stranieri, che sono oltre 33mila nel 2022. Nella maggior parte dei casi si tratta di colf (66%) e l’analisi di genere mette in evidenza la forte presenza maschile (42%). I dati sono influenzati dalla recente regolarizzazione, in molti casi il lavoro domestico è la porta d’ingresso per il lavoro regolare, ma una volta acquisiti i documenti i migranti cambiano settore. Rispetto agli italiani guadagnano di più (in media 5.200 euro), infatti il 41% lavora dalle 25 alle 29 ore a settimana ed il 55% ha dichiarato nel 2022 almeno sei mesi di lavoro. Diversamente dagli italiani badanti e le colf stranieri under30 lavorano soprattutto al Nord (59%), dato in linea con la maggiore presenza straniera nelle regioni settentrionali. Le regioni con la maggiore incidenza dei giovani sul totale sono Campania (7,2%), Calabria e Sicilia (entrambe al 7%).
I lavoratori domestici regolari in Italia sono quasi 900mila, sempre in base ai dati relativi al 2022. Si stima però che in realtà siano almeno il doppio: 1,85 milioni con un tasso di irregolarità del 51,8% che rappresenta la percentuale più alta di tutto il mercato del lavoro nel nostro Paese, dove la media generale del lavoro nero si attesta attorno all’11,3%. Si tratta di un settore caratterizzato da una forte presenza straniera, soprattutto dell’Est Europa, e da una prevalenza femminile anche se negli ultimi anni si è registrato un aumento sia degli uomini che della componente italiana. Le famiglie spendono 7,7 miliardi di euro per i lavoratori domestici regolari, a cui si aggiungono 6,6 miliardi per la componente irregolare.