Economia

Il rapporto dell'Ice. Il Pil italiano salvato dall'export

Maurizio Carucci, inviato a Napoli mercoledì 24 luglio 2019

Carlo Maria Ferro, presidente dell'Ice

Le esportazioni italiane godono di buona salute. La crisi e i dazi non bloccano i prodotti made in Italy, che confermano il loro successo sui mercati internazionali. «Nonostante un contesto del commercio mondiale caratterizzato da dinamiche frenanti, l’export italiano è infatti aumentato del 16,9% nel periodo 2008-2018, sebbene il Pil italiano a fine anno scorso fosse ancora del 3,1% inferiore al precrisi », spiega Carlo Maria Ferro, presidente di Ice-Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, nel corso della presentazione del XXXIII Rapporto sul commercio estero che si è tenuta ieri a Napoli alla presenza del vice premier Luigi Di Maio, del sottosegretario al ministero dello Sviluppo Economico Michele Geraci e del presidente di Istat Gian Carlo Blangiardo.

Per la prima volta questo appuntamento fa tappa al Sud. Una scelta voluta fortemente dal ministro Di Maio, che prima di iniziare il convegno ha incontrato sul lungomare di Napoli un gruppo di disoccupati storici che chiedevano più trasparenza nelle assunzioni. «Nei primi mesi del 2019, secondo dati Istat e Ice – sottolinea il vicepremier – la crescita dell’export italiano è stimata del 4% sull’analogo periodo dell’anno precedente. E, sempre nel 2018, vediamo che nel nostro Paese le esportazioni sono cresciute dell’1,9%, mentre le importazioni del 2,3%». La propensione all’export dell’Italia e poi in crescita: il rapporto export/Pil è oggi del 32,1%, in linea con Spagna e Francia, ma inferiore alla Germania, in aumento di sette punti percentuali rispetto al 2010. I dazi e la concorrenza sleale, oltre ai falsi prodotti italiani non sembrano danneggiare le nostre imprese. In questo contesto, le sfide per il nostro Paese sono molteplici e questa presentazione napoletana è anche finalizzata al servizio del Piano d’azione dell’Ice, che prevede un focus su tre impegni decisivi per il successo delle aziende italiane sui mercati internazionali: la digitalizzazione, la sostenibilità e i giovani. Tre paradigmi il cui minimo comune multiplo è rappresentato da una più attenta presenza sul territorio.

Per Geraci il nostro è un Paese «ricco di imprese valide e coraggiose ». Le esportazioni sono un vero motore dell’economia italiana. Anche se le nostre Pmi hanno bisogno di altri sbocchi e di un aiuto concreto. «Ci sono mercati maturi – precisa il sottosegretario – come Stati Uniti, Francia, Germania e Regno Unito dove i tassi di crescita saranno interessanti, ma pur sempre a cifre singole; dall’altra parte ci sono Paesi satellite, dalle grandissime potenzialità di crescita, come India, Cina, Giappone, Corea del Sud, Vietnam, Indonesia, e in generale il Sudest asiatico, Birmania compresa. Il digitale, avrà un ruolo sempre più importante. Le aziende dovranno potenziare i loro siti, consentire i pagamenti on line e migliorare la logistica. Da parte nostra stiamo portando avanti il Global Start up Program, una sorta di programma Erasmus per favorire piccole e medie imprese, promuovere la loro crescita e l’internazionalizzazione. A novembre, poi, partirà la High Street Italy, per consentire a tutte le pmi di avere ulteriori spazi espositivi».

Basti pensare che nel 2018 sono stati 136mila gli operatori economici che hanno effettuato vendite di beni all’estero. «La crisi – conclude Blangiardo – ha determinato un processo di selezione che ha ridimensionato il sistema produttivo. Tra il 2011 e il 2016 abbiamo registrato un -3,4% di unità produttive e 1,8% di addetti. Ma chi è sopravvissuto ne è uscito mediamente irrobustito. Una su due ha aumentato la quota di fatturato esportato: la propensione media all’export dal 34 al 39%. Le stesse esportazioni del Mezzogiorno sono cresciute del +5,5%: un tasso superiore alla media nazionale del +3,1%». Le stime, quindi, confermano l’ottimo stato di salute delle nostre esportazioni. Anche se si profila un rischio Brexit. Con quasi 20mila imprese esportatrici nel Regno Unito, il mercato inglese rappresenta il 5,1% dell’export nazionale.

Saldo positivo per 44 miliardi di euro
In un contesto globale caratterizzato da una fase di rallentamento dei tassi di crescita del Pil mondiale, il commercio internazionale registra performance tutto sommato positive. Gli scambi internazionali di beni e servizi sono cresciuti del 3,8% nel 2018, dopo una crescita del 4,6% dell’anno precedente. Complici, infatti, alcune dinamiche frenanti: incertezze della Brexit, orientamenti protezionistici assunti dalle politiche commerciali in diversi Paesi, a cominciare dagli Stati Uniti, sfida tecnologica fra Usa e Cina.

Sebbene il Pil italiano a fine 2018 fosse ancora del 3,1% inferiore al pre-crisi (2008), nel medesimo periodo 2008-2018 l’export italiano è aumentato del 16,9%. L’export italiano di beni e servizi oggi rappresenta circa il 32% del Pil e contribuisce a un saldo positivo della bilancia commerciale di 44 miliardi di euro, pari al 2,25% del Pil. Anche l’andamento della quota di mercato mondiale delle esportazioni italiane di merci a prezzi correnti ha fatto registrare un lieve recupero a partire dal 2013, invertendo la tendenza declinante del ventennio precedente, grazie sia ai mutamenti nella composizione merceologica della domanda mondiale, che si è orientata maggiormente verso i prodotti italiani, sia alla caduta dei prezzi delle materie prime. In particolare, nel corso del 2018, le esportazioni sono aumentate dell’1,9%, mentre le importazioni sono cresciute del 2,3%.

Nei primi mesi del 2019 la crescita dell’export italiano sull’analogo periodo dell’anno precedente è stimata del 4%, nonostante un contesto del commercio mondiale colpito dal protrarsi dei già indicati fattori di incertezza, cui si aggiunge un generale rallentamento del settore mondiale dell’automobile.
Nel 2018 la crescita delle esportazioni italiane è stata trainata dal mercato dell’Unione Europea (+4,1%) più che dalle aree extra-Ue (+1,7%), ma aumenti consistenti sono stati registrati anche in India, Stati Uniti e Canada.

L’Italia è il nono Paese esportatore al mondo con una quota di mercato del 2,85% nel 2018 (dal 2,9). La, seppur lieve, ripresa registrata dalla quota di mercato mondiale delle esportazioni italiane negli ultimi anni si deve essenzialmente ai risultati brillanti conseguiti nel Nord America e in alcuni mercati asiatici, come il Giappone e la Corea del Sud. Resta invece più limitata la quota di mercato in Cina (0,9%) a fronte della grande dimensione e forte crescita dei consumi di questo Paese. L’Italia è per la Cina solo il quarto partner commerciale tra i paesi Ue (dopo Germania, Regno Unito e Francia) e il 24° a livello mondiale. Ci sono quindi ampi margini di miglioramento: grandi spazi di collaborazione nei macchinari, nella moda, nell’agroalimentare e nell’e-commerce e, in collaborazione con la Cina, in Paesi terzi dell’Africa e del Sudest asiatico in particolare. Per quanto riguarda i settori, in generale, le migliori performance dell’export italiano nel mondo sono state realizzate in quelli che producono beni intermedi, nel farmaceutico, nell’Ict e nel sistema moda che hanno fatto registrare tassi di crescita superiori alla media. Nel settore dei servizi le esportazioni italiane sono aumentate del 5,5% nel 2018, trainate soprattutto dal turismo, mentre la crescita è risultata più debole nei servizi alle imprese. Nel complesso del terziario, la quota di mercato mondiale dell’Italia ha frenato la tendenza declinante in corso da molti anni ed è rimasta invariata al 2,1%, un livello comunque più basso di quello registrato negli scambi di merci.