Piano Mattei. Così le imprese italiane si formano per investire in Africa
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È passato un anno dall’approvazione del piano Mattei, da quando Giorgia Meloni ha lanciato la sfida per una nuova partnership economica con l’Africa, con un approccio “non predatorio, paternalistico e caritatevole” ma “alla pari” con i 54 paesi del contenente africano. Per metterlo in pratica bisogna muoversi come “sistema Paese” e per questo è stata creata una cabina di regia a Palazzo Chigi che lavora, tra gli altri, con Cassa depositi e prestiti, Ice, agenzia per il commercio estero, Simest, che si occupa di investimenti e Sace, gruppo assicurativo-finanziario, controllato dal ministero dell’Economia. E proprio quest’ultima ha appena lanciato il progetto “Africa Champion”, un programma formativo e di business matching per offrire alle nostre imprese gli strumenti per approcciarsi al mercato africano.
D’altra parte sono i numeri a ricordarci che l’Africa può essere davvero il continente del terzo millennio (c’è chi se ne è accorto da tempo, basta vedere i massicci investimenti cinesi) con una popolazione di 1,5 miliardi di persone e un Pil che cresce del 4% l’anno. Eppure, l’interscambio commerciale tra l’Italia e l’Africa è fermo a 60 miliardi di euro, di cui 20 relativi all’export italiano, rappresentando attualmente solo il 3% del totale delle nostre esportazioni. Da Sace che ha deliberato 1,2 miliardi di operazioni in Africa per il 2024, sono convinti che serva un approccio innovativo che favorisca soprattutto le nostre pmi. «C’è un tema di formazione - spiega Alessandra Ricci ad di Sace - le imprese devono sapere quali sono le opportunità, i rischi e gli strumenti che possono utilizzare nel momento in cui decidono di investire in Africa e dall’altro dobbiamo aprirgli le porte mettendole in contato con le loro controparti con l’obiettivo di creare valore sia in Italia che nei paesi di destinazione». In particolare, “Africa Champion” prevede per le aziende che vogliono aderirvi un percorso formativo suddiviso in tre moduli con approfondimenti su Costa D’Avorio, Egitto, Marocco, Mozambico, Tunisia, Kenya e su tre settori chiave: energia, infrastrutture e agroalimentare.
Poi una seconda fase è dedicata alla creazione di opportunità commerciali mediante sessioni di business matching. Oltre all’assicurazione sull’export credit Sace ha aggiunto l’operatività push, individuando geografie ad alto potenziale come Costa d’Avorio, Senegal. La prima operazione l’ha fatta in Benin concedendo una garanzia a copertura di un finanziamento di 120 milioni di euro per il ministero delle Finanze. Sace ha garantito anche il primo finanziamento da 100 milioni di euro alla Banca multilaterale di sviluppo per favorire la crescita sostenibile e l’integrazione regionale africana, aumentando le opportunità di export per le imprese tricolori. «È vero che la Cina gioca in Africa un altro campionato - ha proseguito Ricci - ma noi negli ultimi 14 anni abbiamo supportato 30 miliardi di esportazioni che hanno portato alla realizzazione di 50 miliardi di investimento. La Cina è sicuramente più avanti ma l’Italia sta facendo tanto e possiamo fare molto di più». Ne è convinta anche Letizia Pizzi direttore generale di Confindustria Assafrica che spiega come «il sistema adesso c’è ed è un momento propizio per guardare all’Africa».
Un interesse strategico che appare evidente poi dal ruolo di Cassa Depositi e Prestiti che ha mobilitato con le istituzioni finanziarie di sviluppo africane oltre 630 milioni di euro per progetti di sviluppo sostenibile nei settori delle energie rinnovabili, delle filiere agroalimentari e delle infrastrutture sociali come scuole e ospedali. Basta guardare anche all’aumento degli uffici Ice per rendersi conto del crescente interesse verso il continente nero.
Nella sola Africa sub-sahariana si è passati da una sola sede a Johannesburg nel 2013 a 8 uffici nel 2024. Ma anche Simest ha messo in campo una misura specifica per l’Africa con un plafond di 200 milioni di euro, di cui il 10% riservato ad imprese giovanili, femminili e start-up e pmi innovative, e offre contributi a fondo perduto fino al 20% per le imprese del Mezzogiorno e fino al 10% per le altre. Senza dimenticare le Camere di Commercio all’estero che sono “l’ultimo miglio”, come sono state definite da Simone Santi, presidente di quella operativa in Mozambico. Certo c’è sempre un rischio d’investimento, quando si approccia un mercato complicato come quello africano. «Quando si fa un investimento diretto in Africa noi possiamo coprire dal rischio di esproprio e dal capitale investito - ricorda l’ad di Sace -. Supportiamo le aziende anche nell’emissione di cauzione, quando l’impresa italiana vince un contratto deve anche prestare una fideiussione e allora interveniamo noi a garanzia. La nostra copertura è davvero completa».