La sfida. Il Parlamento Ue vuole una finanza sostenibile
Dalle maggiori istituzioni di Bruxelles continuano ad arrivare messaggi inequivocabili sulla volontà dell’Unione europea di 'costringere' il sistema finanziario ad accelerare sul sentiero della sostenibilità. Con l’intenzione di rafforzare il ruolo di guida dell’Europa nell’ambito della finanza sostenibile, dove già oggi il Vecchio continente primeggia (con oltre la metà delle masse gestite a livello mondiale con criteri di sostenibilità sociale e ambientale, quasi 23mila miliardi di dollari nel complesso). Se un mese fa è stata infatti la Commissione Ue a presentare il suo ambizioso Piano d’azione sulla finanza sostenibile, ieri è arrivata la risposta del Parlamento europeo. Che ha alzato ancora di più l’asticella.
Il Comitato per gli Affari economici e monetari del Parlamento Ue ha approvato a larga maggioranza il suo rapporto sulla finanza sostenibile, presentato a febbraio (42 voti a favore, 9 contrari, 3 astenuti): «È una pietra miliare», ha detto la parlamentare britannica Molly Scott Cato ( Verdi), riferendosi all’approvazione del rapporto di cui è stata la relatrice. Buona parte delle proposte contenute nel rapporto sono in linea con quelle della Commissione: si parla ad esempio della necessità di riorientare gli investimenti nel senso della sostenibilità, ad esempio in infrastrutture sostenibili; di introdurre definizioni e classificazioni condivise su cosa si debba intendere per investimenti sostenibili; di elaborare standard ed etichette che possano dare trasparenza e certezza sulla sostenibilità dei prodotti in cui si investe; di includere indicatori di sostenibilità nelle valutazioni delle agenzie di rating. Il tutto sulla base della necessità di accelerare la transizione del modello di sviluppo economico nel senso della sostenibilità, come chiedono sia gli Obiettivi di Sviluppo sostenibile (Global goals) fissati dalle Nazioni Unite, sia e forse ancor più l’Accordo di Parigi sulla riduzione delle emissioni di Co2 per il contrasto al climate change.
Ma il rapporto del Parlamento europeo va anche oltre. Ad esempio sul tema degli investimenti in energie fossili (carbone, petrolio, gas), posto che se il mondo fa sul serio sull’Accordo di Parigi, larga parte (tra il 60 e l’80%) delle riserve accertate di combustibili fossili non potrà mai essere utilizzata e il valore degli investimenti nelle società del settore è destinato a esserne influenzato pesantemente (è il tema degli stranded assets, o asset incagliati), costituendo una minaccia per la stessa stabilità finanziaria. Il rapporto chiede lo stop dei sussidi alle fonti fossili di energia. E ulteriori sforzi sul fronte del disinvestimento non solo dal carbone ma anche dalle altre fonti fossili. Un messaggio che arriva proprio a pochi giorni dall’adesione da parte di nuove istituzioni cattoliche di tutto il mondo (fra cui Caritas Internationalis), ormai un centinaio in totale, alla campagna internazionale per il fossil fuel divestment. A rimarcare quella che è ormai un’evidenza: una finanza e un modello di sviluppo sostenibili devono dire addio alle fossili il prima possibile.