I n sede di consuntivo dell’anno appena trascorso, perfino i critici più acerrimi hanno dovuto riconoscere che l’avvento di Matteo Renzi ha cambiato radicalmente il 'ritmo' delle istituzioni in Italia. È oggettivamente una novità di respiro storico nel nostro Paese la quantità di provvedimenti economici e sociali messi in campo o semplicemente in cantiere da questo governo nel 2015, con una velocità che avvicina la politica ai tempi dell’economia. Provvedimenti non tutti efficaci e non tutti pienamente condivisibili, ma figli naturali di un’intensità e di una determinazione politica che hanno stupito molti partner europei e che rappresentano una vera e propria 'scossa' alle abitudini consolidate del ceto politico nazionale e degli stessi italiani. Dopo decenni di strazianti convegni, di appassionati appelli e di ispirati libelli contro la gerontocrazia imperante nel Paese più immutabile al mondo, l’Italia si è ritrovata a essere all’improvviso il 'laboratorio' più visibile a livello internazionale di una nuova generazione di quarantenni che finalmente rifiuta l’opzione zero della politica e dell’amministrazione, perché considera il 'tirare a campare' dei padri (la generazione del Sessantotto più lungo del mondo) la peggiore forma di tradimento del futuro dei figli. È una generazione che parla il linguaggio della competitività, ma riesce a evitare miti e riti del Novecento, che respira al ritmo frenetico di Twitter, ma non dimentica le categorie musicali dei magici anni Ottanta, che si sporca le mani con l’amministrazione del rissoso condominio Italia, ma in fondo non perde il gusto di sognare. Se fosse davvero la sfida di un uomo solo al comando, rischierebbe di apparire velleitaria: non più di una straordinaria operazione di marketing politico fine a se stessa per la conquista del potere. In realtà la 'generazione Renzi' inizia a farsi strada in molti luoghi della politica, dal livello nazionale a quello regionale fino ai paesini più sperduti dello stivale. Ed è facile prevedere che il suo 'virus' positivo si diffonderà presto, già nel 2016, agli altri luoghi del potere. A partire da quelle organizzazioni di rappresentanza degli interessi delle imprese e dei lavoratori che oggi - proprio a causa della deconcertazione e dagli altri effetti del 'new deal' renziano - sono chiamate a ripensare radicalmente il loro ruolo e il loro ritmo. Il 2016 sarà dunque, soprattutto, l’anno della conferma che nel nostro Paese è in corso una rivoluzione. Capace di mandare in soffitta, finalmente, l’eterna tentazione del Gattopardo.