Sicilia. Il «miracolo» della manna ha rianimato Castelbuono
Un asino al lavoro a Castelbuono
Il riscatto della Sicilia non cade dal cielo, come la manna. Quella di Castelbuono è una piccola rivoluzione gentile fatta di partecipazione dei cittadini e ripresa di antiche tradizioni. C’è un misto di predetestinazione e libero arbitrio, nella favola di questo paese di 8mila anime ai piedi delle Madonie, con un lieto fine ancora da scrivere. La predestinazione è tutta già nel suo clima che indusse Francesco Ventimiglia Filangieri, conte di Geraci, a spostarsi qui e a edificare un castello, nel Trecento, oggi prima risorsa turistica del paese. Donò anche una preziosa reliquia del teschio di Sant’Anna (custodita nella cappella palatina contornata di preziossimi stucchi barocchi) e quando, nel 1920, la famiglia Ventimiglia caduta in disgrazia decise di mettere in vendita il maniero ne venne fuori una delle prime sottoscrizioni popolari che si ricordi, che il sindaco Mariano Raimondi condusse in porto con successo, anche grazie al culto popolare per la madre di Maria cresciuto nei secoli.
Cosicché, quando la Fondazione con il Sud cercava una comunità locale per dar vita una partnership virtuosa, vennero alla luce le solide tradizioni e le enormi potenzialità di questo centro, caratterizzato da uno splendido micro-clima (a metà fra le Madonie e lo splendido mare di Cefalù) e da una gran vivacità dell’associazionismo. Di sera fa fresco, ma di giorno il sole produce i suoi effetti, che i "mannaroli" sono in grado di sfruttare, perché i frassini (denominati "verdelli") di queste zone nelle ore più calde è come se sudassero, producendo una resina preziosa e utilissima: la manna.
È un’arte antica, in continua evoluzione, quella di estrarrla con micro incisioni ("’ntacche"), che solo mani esperte sanno quando e come fare, su quali piante e quali no. Questi piccoli tagli si rimarginano in pochi anni per le proprietà cicatrizzanti dello zolfo, le stesse che rendono poi la manna molto ricercata dalle case farmaceutiche e dalla aziende di cosmesi, oltre che prelibata per le industrie dolciarie e "miracolosa" anche per le proprietà lassative. Una tradizione che si andava perdendo, perché non è facile estrarla, e nemmeno è facile commercializzarla. Per garantire continuità nella produzione è fondamentale consorziarsi. Così su impulso della Fondazione è nato – o meglio è stato ricostituito – il consorzio Manna Madonita.
Ci sono strani fili di nylon che penzolano dai rami, tenuti in tensione da un peso all’estremità. Un mezzo copyright rivendicato dal paese limitrofo, Pollina, che consente di ricavare dalla manna, facendola colare in linea retta, dei cannoli facilmente commerciabili. «L’anno scorso è andata così così, abbiamo fatturato 60mila euro, quest’anno possiamo raddoppiare la produzione», dice il presidente del Consorzio Tommaso Marino, che è anche presidente della cooperativa Girasole, che cura un progetto di agricoltura sostenibile, fatto di orti biologici, recupero terre incolte, sostegno alla disabilità e messa in commercio di prodotti bio con un proprio punto vendita, attraverso Agrietica, altro gioiellino di questa piccola galassia eco-sostenibile. «Al di là dei posti di lavoro stabili e stagionali creati, la nostra scommessa è su un paese che riscopre le sue potenzialità, le su tradizioni e le adatta ai tempi», dice Giuseppe Costanza presidente di Agrietica. Tutto l’indotto se ne avvantaggia, «anche per emulazione».
Storie di persone. Storie in grande, come quella dei fratelli Fiasconaro, l’azienda dolciaria, che produce i noti panettoni alla manna (che il Papa dona da anni ai dipendenti della Santa Sede) e ne assorbe da sola circa metà della produzione. O storie piccolissime, come quella di Mario, cuoco in California, tornato qui per diventare specialista delle "’ntacche" ai frassini. Il papà di Nicoletta Cannizzaro era uno specialista, ma lei non è capace, fa l’artista di strada, parla con i falchi e con loro realizza spettacoli con i fuochi molto richiesti dai bambini: «Non ora, con questo caldo nemmeno si avvicinano». I suoi frassini, scomparso il papà, li cura ora Peppe Cassataro, vicepresidente del Consorzio, che, conseguita una specializzazione in sviluppo locale a Parma «mentre tutti gli altri hanno scelto il posto in banca» ha deciso di rimettersi in gioco per la sua terra, racconta, mentre incide con rara maestria i "verdelli".
È una miniera, questo paese, in cui la differenziata porta a porta è affidata agli asini, in cui anche i giovani trovano la loro dimensione con la Ypsigrock, la rassegna musicale che in pieno agosto raduna centinaia di giovani davanti al castello in nome dell’inserimento dei disabili. L’ultima frontiera riguarda proprio loro, i disabili, col progetto "Tutti inclusi" che vede la Proloco coinvolta nell’obiettivo – molto ambizioso in un territorio così scosceso, che evoca i fasti della mitica Targa Florio – di rendere tutti gli spazi del paese accessibili. «Ora si tratta di coinvolgere tutto il territorio delle Madonie, perché il progetto possa stare in piedi e fare scuola», dice il sindaco Mario Cicero. «L’esperienza di Castebuono – dice Marco Imperiale, direttore di Fondazione con il Sud, che qui ha investito quasi 4 milioni – dimostra che l’investimento sociale, puntando sulla cultura popolare, può diventare motore di sviluppo locale. C’è una parola da riscoprire, al Sud: partecipazione».
Gli asini raccolgono i rifiuti e riconciliano con la vita
A Castelbuono gli asini non rischiano la disoccupazione. Li si può vedere girare tranquillamente in centro per la differenziata porta a porta, ma nel loro terreno, in campagna, sono in grado di ottenere risultati straordinari. La cooperativa "Il sorriso" è una fattoria sociale, che sorge sulle colline alle pendici delle Madonie, dove – in un contesto paesaggistico incontaminato – c’è la situazione ideale per venire incontro ai disagi psichici. Una quindicina di persone (affette da autismo o da depressione) nel rapporto con gli animali, con la natura e con le splendide persone che curano questa iniziativa ritrovano un po’ della loro voglia di vivere e della capacità di rapportarsi correttamente con il contesto esterno.
Tutto nacque da un’idea di Claudio Polizzano, papà di una ragazza down, che a un certo punto decide di chiudere con il suo lavoro di agente di commercio, per dedicarsi a questa nobile attività. In quest’opera, sostenuta dalla Fondazione con il Sud, si producono anche saponi artigianali utili alla cosmesi (alla manna, alla calendula, alla lavanda, all’argilla verde, all’alloro). Piccole attività che – insieme ai piccoli contributi delle famiglie – non bastano però a tenere in piedi facilmente una struttura così utile, ma anche gravosa.
"Il sorriso", infatti, non è una struttura accreditata dalla Regione Siciliana, è una fattoria sociale, ma per essere accreditati come centro diurno mancano alcuni requisiti, fra cui l’esistenza di uno spazio coperto di ameno 300 mq, pur non mancando certo spazi all’aperto. Francesca Polizzano, legale rappresentante della cooperativa, spera che uno spiraglio possa aprisi anche per loro, che – come fattoria sociale – svolgono un’attività di grande importanza. L’appello è rivolto soprattutto all’assessore regionale alla sanità Ruggero Razza. Ricercare una soluzione sarebbe nell’interesse di tutti, soprattutto delle persone più svantaggiate, e delle loro famiglie.
La Fondazione con il Sud
La Fondazione con il Sud è un ente non profit privato nato nel 2006 dall’alleanza tra fondazioni di origine bancaria, Terzo settore e il volontariato, per promuovere l’infrastrutturazione sociale del Sud, percorsi di coesione sociale e buone pratiche per lo sviluppo. Il "con" riveste un suo significato, nell’idea del suo presidente e promotore Carlo Borgomeo: un Sud che non si aspetta soluzioni dall’alto, come la manna, ma le riscopre dentro di sé.
La Fondazione sostiene interventi “esemplari” per l’educazione dei ragazzi alla legalità e il contrasto alla dispersione scolastica, per valorizzare giovani talenti e attrarre “cervelli”, per la tutela e valorizzazione dei beni comuni (patrimonio storico-artistico, ambiente, riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie), per la qualificazione dei servizi socio-sanitari, per l’integrazione degli immigrati.
Sono state sostenute oltre 1.100 iniziative, tra cui la nascita delle prime 6 Fondazioni di Comunità, coinvolgendo 6mila organizzazioni e oltre 320mila fruitori diretti, erogando 211 milioni.
Gli allarmi dell'ultimo rapporto Svimez
Il primo di agosto, con le anticipazioni sul suo Rapporto annuale sul Mezzogiorno, la Svimez ha rilanciato l’allarme sulla crisi cronica del Sud. Quel Rapporto, a cui Avvenire ha dato molto spazio il giorno dopo la presentazione, ricorda per esempio che tra il 2002 e il 2017 gli emigrati che hanno lasciato il Meridione sono stati oltre 2 milioni, di cui 132mila soltanto nel 2017. Il saldo migratorio interno del periodo, considerando anche i rientri, è negativo per 852mila unità.
La maggioranza degli emigrati che lasciano il Sud sono giovani, quindi il Mezzogiorno sta perdendo le persone più produttive e preparate. La Svimez segnala anche che il Meridione è di nuovo in recessione: se quest’anno il Pil italiano segnerà infatti un lieve incremento, quello del Mezzogiorno dovrebbe chiudere l’anno con una contrazione dello 0,3%.