Economia

Anitec-Assinform. Il mercato digitale tiene meglio del previsto

Redazione Romana venerdì 7 maggio 2021

Marco Gay, presidente di Anitec-Assinform

«Il mercato digitale ha chiuso il 2020 meglio del previsto, quasi flat (-0,6%), in un contesto di calo generalizzato dell’intera economia causato dall’emergenza sanitaria. L’ultimo trimestre del 2020 ha inoltre lasciato intravedere l’inizio di un recupero progressivo che ci attendiamo nel 2021». Questo il commento di Marco Gay, presidente di Anitec-Assinform, l’associazione di Confindustria che raggruppa le principali aziende dell’Ict, ai primi risultati dell’analisi annuale sull’andamento del digitale in Italia, condotta in collaborazione con NetConsulting cube. «Il 2020 ci ha consegnato un Paese molto più digitale, in continuo progresso e con una dotazione di sistemi, reti e servizi in grado di attenuare gli effetti del lockdown. Ora è importante accelerare e costruire su questi progressi, passando da un’ottica emergenziale a un’ottica strutturale, con gli investimenti contenuti nel Pnrr e le importanti riforme previste, per fare ripartire il Paese e diventare più competitivi», ha continuato Gay.

Nel 2020 il mercato digitale italiano ha registrato un lieve calo (-0,6%), arrivando a 71,5 miliardi di euro (71.504 milioni), con una dinamica meno drammatica rispetto ad altri settori e nettamente migliore delle aspettative formulate lo scorso novembre, quando era stato previsto un calo più marcato (-2%). Per tutti i comparti i dati a fine anno si sono rivelati migliori delle attese, a esclusione dei servizi di rete, per effetto della pressione sulle tariffe. La progressione è stata netta, anche se inferiore a quella del 2019, per Servizi Ict (12.702 milioni, +3,3%) e Dispositivi e Sistemi (19.368 milioni, +1,3%). Anche per i Contenuti Digitali e Digital Advertising (12.623 milioni, +4,4%) l’andamento è stato molto positivo rispetto alle dinamiche generali. In calo, oltre ai servizi di rete (19.294 milioni, -6,9%), anche Software e Soluzioni Ict (7.517 milioni, -2,3%).

Le componenti più innovative, o Digital Enabler, hanno confermato il loro ruolo trainante anche nel 2020, soprattutto Intelligenza artificiale, Cloud, Blockchain, Cyber security, Piattaforme per la gestione Web, ovvero le componenti utilizzate in modo più diffuso per la gestione dell’emergenza: dal lavoro collaborativo in remoto alla telemedicina, dalla didattica a distanza alla logistica e allo shopping on line. Nell’insieme sono cresciute con tassi a due cifre e hanno visto progredire la loro quota dell’intero mercato digitale dal 19,5% del 2019 al 21% del 2020. «Queste dinamiche confermano la centralità delle tecnologie digitali nell’anno dell’emergenza sanitaria ed economica. Ma oggi non basta accontentarsi della capacità del digitale di fornire soluzioni in un momento difficile. Bisogna farlo diventare il vero cardine della ripartenza: generatore e propagatore di innovazione diffusa. L’agenda, le priorità di investimento e i finanziamenti ci sono, ora bisogna dare concreta esecuzione agli interventi, con competenza e garantendo tempi rapidi», ha aggiunto Gay.

Per il 2021, sia l’evoluzione e il controllo dell’attuale emergenza che l’aumento di fiducia nel clima economico complessivo lasciano intravedere un recupero del mercato, con una crescita prevista del 3,5% e dinamiche in miglioramento in tutti i comparti e Digital Enabler. A eccezione dei servizi di rete, in calo ma in maniera meno sostenuta, continueranno a crescere con tassi a due cifre le componenti associate a una digitalizzazione e automazione sempre più accentuata dei processi collaborativi a diversi livelli (dalla scuola alla sanità, ai servizi al cittadino fino all’e-commerce) e le soluzioni per la digitalizzazione delle filiere, un processo che aveva rallentato la sua corsa nel 2020. Tra i Digital Enabler a maggiore crescita, avremo Intelligenza Artificiale, Blockchain, Cloud, Big Data, Cybersecurity, Piattaforme per la gestione Web.
Queste dinamiche si riferiscono alla sola crescita fisiologica, a cui si aggiungerà l’ulteriore aumento degli investimenti in digitale che saranno finanziati dal Pnrr e per i quali non è stata ancora resa pubblica la pianificazione anno per anno. «La ripartenza sarà possibile solo con una politica di ricostruzione fondata sull’investimento in eccellenze produttive e di servizio, capaci di creare valore attraverso il digitale, sia nel settore privato che pubblico. Ripeto. ‘Avere il digitale’ non basta. Per garantire la ripartenza bisogna anche e soprattutto ‘sapere creare valore attraverso il digitale’ – ha precisato Gay -. Si potrà creare valore a tutti i livelli: con una migliore qualità di beni e servizi vecchi e nuovi, con la sburocratizzazione dei processi amministrativi, con l’adeguamento o il ripensamento della legislazione (creata per il mondo fisico e non per quello online), aumentando la sostenibilità e garantendo maggiore inclusione sociale. Il digitale non riguarda solo le tecnologie e l’interoperabilità (assolutamente necessarie, ma non sufficienti), ma anche la cultura e le competenze di chi lo fa, di chi lo gestisce e di chi lo usa. Per questo il digitale bisogna saperlo pianificare, scegliere, utilizzare e ottimizzare, facendolo diventare la nostra normalità, non solo tecnologica ma anche culturale, con tutti i suoi limiti e le sue sfide, ma anche con tutti i suoi grandi benefici. Il Pnrr pone il digitale al centro della vita del Paese, con un piano di riforme e un ammontare di risorse che per entità e obiettivi non abbiamo mai avuto nella nostra storia. Forse qualcosa di simile lo si è avuto con il Piano Marshall, ma il contesto era diverso. Per questo abbiamo non solo l’opportunità ma anche il dovere di essere all’altezza dei tempi, impegnandoci ad avviare quanto prima i progetti, impiegando tempestivamente tutte le risorse che il Pnrr ci metterà a disposizione e a realizzare quelle riforme che ottimizzino i benefici dei progetti stessi. L’obiettivo è cambiare passo, dare impulso alla digitalizzazione della Pa e della Sanità, accelerare lo sviluppo delle infrastrutture a banda ultra larga, sostenere le start up innovative e colmare il gap di competenze digitali, anche riconvertendo lavori in phase out. Mai come oggi la sfida è complessa ma possibile».