Il lutto. Addio a Giuseppe Pennisi, l’economista libero che amava la lirica
Giuseppe Pennisi
Ricordiamo tutti, noi cronisti di più lungo corso – ma gli aneddoti si sono tramandati negli anni dentro la redazione Economia e in Avvenire – la volta in cui Giuseppe, da una stanza d’albergo in cui si trovava per seguire il Maggio Musicale Fiorentino, cercava di trasmettere un suo articolo di finanza pubblica arrampicandosi sulla finestra del bagno, unico punto in cui all’epoca, primi anni Duemila, una nascente rete Internet concedeva l’agognata connessione.
Giuseppe Pennisi era fatto così, portava con sé le sue due grandi passioni, l’economia e la lirica, ovunque si trovasse: nella sua casa romana, a cena con amici o colleghi, al lavoro, in vacanza, sul letto attrezzato in cui la malattia lo ha costretto negli ultimi mesi di una vita lunga, intensa e ricca di relazioni. Quella professionale si divide sostanzialmente in due tempi: nato a Roma nel 1942, Giuseppe ha avuto infatti una prima carriera negli Stati Uniti, alla Banca mondiale, dove è rimasto sino alla metà degli anni Ottanta. Rientrato in Italia, è stato dirigente generale ai ministeri del Bilancio e del Lavoro e docente di economia al Bologna Center della Johns Hopkins University e della Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, di cui ha coordinato il programma economico dal 1995 al 2008.
Nel secondo tempo è iniziata la sua lunga collaborazione giornalistica con quotidiani e periodici, fra i quali la più longeva e significativa è quella con Avvenire, come critico musicale e commentatore economico - già, le due passioni, sempre e comunque, fino all’ultimo pezzo, qualche settimana fa, sulla politica monetaria della Federal Reserve. “Prego riscontrare” era la conclusione di ogni sua mail con allegato l’articolo commissionato magari solo un’ora prima. Lettore onnivoro, quasi bulimico di saggistica e ricerca economica, Giuseppe si teneva costantemente aggiornato e ci aggiornava, in certi periodi più volte al giorno, magari con un whatsapp!
Liberista di formazione, era anzitutto un uomo libero dalle etichette e dalle ideologie, uno studioso rigoroso che prendeva da ogni scuola economica il meglio, senza preclusioni. Nel suo “secondo tempo” professionale è stato anche consigliere del Cnel e ha insegnato alla Università Europea di Roma pubblicando nel frattempo una ventina di libri di economia e finanza in Italia, Usa, Gran Bretagna e Germania. Per assecondare invece il richiamo delle note, Giuseppe ha ricoperto il ruolo di vice presidente del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto. Se in questo campo la sua scelta andava per la lirica, in materia economica prediligeva la finanza pubblica, vissuta sempre in una dimensione tecnica che considerava la politica subalterna, senza farsi condizionare nei giudizi dal colore del governo in carica.
Un distacco nutrito da una sana dose d’ironia che in tanti di noi, ad Avvenire, abbiamo potuto apprezzare nei pranzi nei ristoranti intorno a Piazza Carbonari, quando ci raggiungeva – abbinando immancabilmente una puntata alla Scala – talvolta in compagnia della moglie Patrice.
Grazie Giuseppe per la tua preziosa collaborazione, grazie soprattutto per la tua amicizia, entrambe restano dentro la nostra redazione, insieme alla tua contagiosa passione per l’economia, per la musica, soprattutto insieme alla tua inesauribile passione per la vita, condivisa in massima parte con Patrice e i tuoi due figli.