Il libro. Strategie contro il lavoro povero
I rider sono ritenuti lavoratori poveri
In Italia sono circa tre milioni i lavoratori invisibili, giovani, poveri, irregolari, quelli che pur lavorando non riescono a portare a casa uno stipendio sufficiente a condurre un’esistenza libera e dignitosa, quelli che non godono di alcuna tutela, rischiando la vita anche per la mancanza di sicurezza nei cantieri, nelle officine e nei campi. Cittadini italiani e stranieri che non possono far valere i loro diritti, sanciti addirittura dalla Costituzione. Crisi finanziarie ed energetiche, recessioni, pandemia, guerre, inflazione hanno messo a dura prova il fragile mondo del lavoro in questi anni. Dal 2008 al 2020 il nostro Paese è stato colpito da dure prove una dietro l’altra e l’impatto è stato pesantissimo sulle famiglie e sui lavoratori che ne hanno risentito in termini di impoverimento, di perdita del potere d’acquisto e di welfare. Mentre le reti di protezione sociale, storicamente sbilanciate a favore dei lavoratori anziani, stabili a tempo indeterminato, si sono rivelate insufficienti per fronteggiare i bisogni di giovani, donne e stranieri, i più numerosi tra i lavoratori poveri. Riforme e politiche attive hanno risolto ben poco.
Essere o diventare poveri in Italia non è un'esperienza riservata a pochi, lo attesta anche l'Istat. Nel 2023, con quasi sei milioni di "poveri assoluti", esattamente 5,69 milioni di residenti, si è toccato il record storico del numero di indigenti dal 2014, anno in cui è cominciato questo tipo di rilevazione. Dati alla mano, in Italia essere poveri è una condizione che riguarda più di una persona su dieci (10,6%) e i minori in condizioni di povertà sono arrivati a 1,29 milioni, anche questo un triste primato. La probabilità di essere povero aumenta ovviamente se si è disoccupati, ma meno ovviamente aumenta anche se un lavoro ce l'hai e sei un operaio, un lavoratore dipendente, se vivi in una famiglia numerosa, se sei straniero e se vivi al Sud, benché anche al Nord stiano aumentando le famiglie in povertà. Dal rapporto Istat, emerge che il disagio economico si aggrava per gli operai la cui quota in "povertà assoluta" è in continuo aumento. Le famiglie operaie in povertà nel 2023 hanno toccato il livello record di 16,5%, cioè un balzo di quasi due punti in più rispetto al 14,7% del 2022, stesso balzo anche per le famiglie operaie considerate in "povertà relativa" che passano dal 16,8% del 2022 al 18,6% del 2023. Il dato non stupisce considerando che la produzione industriale italiana ha segnato ad agosto il suo diciannovesimo mese di calo consecutivo mentre gli annunci di tagli, chiusure, cassa integrazioni, si susseguono con un bollettino senza tregua.
Giampiero Falasca - autore di Questo non è lavoro - avvocato presso lo Studio Legale DLA Piper e responsabile della People Strategy lo ha descritto molto bene. Da consulente per i temi del diritto del lavoro e delle relazioni industriali di imprese nazionali in internazionali operanti nei principali settori economici del Paese conosce il fenomeno. Il suo libro si occupa dei lavoratori poveri, li ha ascoltati e ne raccontato le storie. Ma ha anche chiesto a esperti, intellettuali, giornalisti, professori, rappresentanti sindacali e imprenditori un contributo di idee per combattere il fenomeno del lavoro dannato. Partendo da una constatazione: tre milioni di persone sono un problema di tutti, che consumatori, imprese e politica non si possono più permettere di ignorare distrattamente. «Il lavoro senza dignità - dannato, visto dalla parte di chi lo subisce - richiama la responsabilità di tutti: della politica, dell’impresa e dei consumatori. Questi soggetti sono obbligati a porsi una domanda: il grande risparmio di costo che si nasconde dietro i prodotti che acquistiamo a prezzi stracciati sulle spalle di chi ricade?», chiede il giuslavorista.
Il suo è un grido di denuncia sullo sfruttamento nel mercato del lavoro italiano, un viaggio crudo e illuminante in un’epoca in cui la precarietà, lo sfruttamento e le disuguaglianze sono realtà quotidiane per milioni di lavoratori. Falasca solleva il velo su una delle piaghe sociali più pressanti del nostro tempo e ci guida attraverso storie personali e interviste esclusive che rivelano la dura realtà del “lavoro dannato” in Italia. Il suo non è solo un libro, ma una denuncia contro le ingiustizie radicate in un sistema che sacrifica la dignità umana sull’altare della competitività e del profitto. Dal dramma della Gig Economy alle trappole del lavoro povero e irregolare, dalle discriminazioni di genere alle sfide per i giovani, Falasca dipinge un affresco potente e sconvolgente del nostro presente, raccontandone le storie, ma anche chiedendo un contributo di idee per combattere il fenomeno.
A cominciare dai politici, che devono metterlo al centro dell'agenda pubblica; passando ai consumatori, che devono diventare cittadini responsabili; senza dimenticare la costruzione delle competenze e la formazione rivolta ai lavoratori poveri; il sostegno alla contrattazione collettiva. L’opera rappresenta un invito all’azione, un richiamo alla responsabilità condivisa che coinvolge consumatori, imprenditori e politici. Ogni pagina è un appello a risvegliare le coscienze, a riconoscere che dietro ogni prodotto a basso costo e ogni servizio rapido si nasconde il sacrificio di vite umane. Il libro propone soluzioni concrete, delineando un futuro in cui il lavoro possa tornare a essere sinonimo di dignità e rispetto.
Anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sottolineato più volte gli evidenti segni di disagio determinati dal precariato diffuso e dalla piaga dei salari troppo bassi che portano milioni di cittadini a entrare nella categoria del lavoro povero: «L'occupazione si sta frammentando, tra una fascia alta, in cui a qualità e professionalità corrispondono buone retribuzioni, mentre in basso si creano sacche di salari insufficienti, alimentati anche da part-time involontario, e da precarietà. Si tratta di un elemento di preoccupante lacerazione della coesione sociale. Con il lavoro, con l'apporto decisivo delle organizzazioni dei lavoratori, si è costruito il welfare italiano, elemento basilare dei diritti di cittadinanza». L'obiettivo della classe politica deve essere, per il capo dello Stato, sempre quello di raggiungere «la massima occupazione possibile», ma senza dimenticare la qualità del lavoro e soprattutto la sicurezza, la cui mancanza in Italia è diventata «una piaga intollerabile: la vita delle persone - ricorda agli imprenditori - vale immensamente più di ogni profitto, interesse o vantaggio produttivo». Oltre alla qualità del lavoro e al basso livello di sicurezza, purtroppo in Italia permane un ulteriore intollerabile elemento, che è la condizione in cui sono tenuti gli immigrati «sovente esposti a uno sfruttamento spietato, inconciliabile con la nostra civiltà». Un j'accuse che non poteva che chiudersi con un richiamo finale, che il presidente da anni reitera in ogni occasione, sulla questione femminile. La Costituzione «stabilisce - all'art. 37 - che la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, deve avere le stesse retribuzioni che spettano ai loro colleghi di genere maschile. Sappiamo che il cammino per giungere al rispetto di questo principio è tuttora da concludere, ma va ricordata questa prescrizione e il conseguente dovere delle istituzioni di operare per renderla ovunque effettiva».
E Falasca, con la sua vasta esperienza come avvocato giuslavorista ed editorialista, ha realizzato un’opera che non può lasciare indifferenti. Questo non è lavoro è destinato a diventare un manifesto per una nuova etica del lavoro in Italia, in grado di far riflettere sulle contraddizioni e sulle disuguaglianze della nostra contemporaneità. Un libro che ha il potenziale di cambiare il modo in cui pensiamo e viviamo il lavoro.