La ong Jevev. Il giacinto d'acqua del Benin: veleno trasformato in oro verde
Straordinaria bellezza tropicale, il giacinto d’acqua è una pianta acquatica dai fiori violacei, steli e foglie spesse. Originaria dell’America meridionale, è stata ampiamente introdotta in tutto il mondo. In molte aree è diventata una specie invasiva, in alcuni casi una vera e propria piaga. Nel suo ambiente naturale, è purificatrice dell’acqua. Ma in assenza di nemici naturali, Eichhornia crassipes si diffonde rapidamente, ricoprendo le superfici di laghi e fiumi, fino a costituire una barriera fisica che ostacola la navigazione, impedisce alla luce del sole di raggiungere piante acquatiche native, rallenta il flusso dell’acqua e riduce il contenuto di ossigeno tanto da causare la morte di pesci e tartarughe. Dunque una grave minaccia per gli ecosistemi e la biodiversità. Henri Totin, imprenditore esperto di green economy, direttore della Ong JEVEV ( Jeunesse et Emplois Verts pour une Economie Verte) abita in Benin. Come la sceneggiatura di un film, basato su una storia vera, Henri ci racconta un fatto che ha per protagonisti una pianta e una comunità. Titolo: il compost 'magico'. Ma di magico non c’è nulla. C’è molto lavoro, studio, ricerca, e numerosi premi internazionali ricevuti. Analogamente ad altre fibre naturali, anche i giacinti d’acqua vengono usati da decenni per realizzare piccoli oggetti come stuoie o cesti. Ma la raccolta sporadica non è una soluzione: la pianta tende a crescere più forte.
«Un giorno – racconta Henri – il mio fratello più piccolo ha avuto un incidente: trasportato lungo il fiume, il rallentamento causato dalla pianta ha ritardato il suo arrivo in ospedale. Questa tragedia mi ha chiamato all’azione». Henri ci racconta molto riguardo il possibile uso del giacinto, frutto di anni di studio. Il compost che si ottiene dal giacinto d’acqua ha infatti caratteristiche importanti. L’estratto radicale può essere utilizzato come fertilizzante. Altri usi sono la produzione di biogas e di carta (soprattutto quella ottenuta dai fusti). Infine, dalle foglie e dagli steli, si ottiene un carbone nero che può essere impiegato per produrre ad esempio inchiostri e vernici. La società in cui Henri Totin lavora con altri 11 giovani si occupa anche di formazione e diffusione di questa pratica. «Il nostro centro propone corsi di formazione in circa 40 villaggi, rivolti soprattutto a giovani e a donne, sugli utilizzi della pianta di giacinto. Gli agricoltori beninesi hanno trovato fin da subito facile e conveniente questa pratica. L’uso dei fertilizzanti organici ha migliorato la qualità delle loro colture significativamente».
Una sorta di veleno trasformato in quello che Henri chiama oro verde. E i numeri gli danno ragione: «Dal 2015 ad oggi sono stati formati oltre 1450 giovani imprenditori green e 240 produttori; 3550 gli agricoltori di Bonou, Dangbo, Adjohonu e altri villaggi, che usano i derivati del giacinto. La navigazione fluviale risulta migliorata e ridotto il rischio di allagamento; si registra un miglioramento della qualità dell’acqua e della biodiversità, riduzione dell’uso di prodotti chimici, fertilizzanti e pesticidi e del loro impatto sulla salute. Il 45% delle famiglie utilizza il carbone ricavato dal giacinto, per fare qualche esempio». Questa storia ha molto da dirci: mutare il dolore personale in impegno sociale, trasformare un limite in opportunità. Ma una su tutte: custodire i beni comuni. L’utilizzo del giacinto è diventato un bene comune che Henri ha voluto condividere con la sua comunità e oltre. Per combattere un male comune è necessario un bene comune, la condivisione di una conoscenza, l’impegno di una collettività. Numerose le collaborazioni internazionali di JEVEV, anche con le Nazioni Unite. «Stiamo lavorando ad una piattaforma online per la diffusione di buone pratiche e l’impiego di nuove tecnologie verdi per favorire l’imprenditorialità e il lavoro dei giovani ma anche perché ci aspettiamo posizioni più nette dalla politica riguardo l’uso di fertilizzanti chimici e attività a sostegno di imprenditori che promuovono la custodia dell’ambiente e l’equità sociale ». Aspettiamo anche Henri ad Assisi il prossimo settembre 2022. Per realtà come JEVEV in Africa, la strada è lunga, l’affermazione lenta, la competizione troppo impari. Ma la speranza di questi giovani imprenditori che osano il cambiamento, senza rimandare o demandare, è forte. E non è vana.