Economia

Il caso. Lancia, il futuro è solo nel passato

Alberto Caprotti venerdì 31 marzo 2017

La Lancia Ypsilon in versione “Unyca”, l'ultima variante di un modello di gradissimo successo

Che Lancia abbia chiamato “Unyca” l’ultima versione della Ypsilon, suona un po’ beffardo. Infatti non esiste un altro marchio al mondo che possiede un solo modello. Lo camuffano più o meno una volta all’anno con qualche ritocco, per non far pensare che sia sempre lo stesso: un giochino che non inganna nessuno. Ma nonostante questo, anche nel 2016 ha venduto in Italia quasi 66mila auto. Più di tutte le Mercedes (che di modelli ne commercializza 25) insieme; più di Audi, di Citroen e di Bmw che la seguono nella classifica delle immatricolazioni. E quasi il doppio di Alfa Romeo, “sorellastra” che si porta via tutte le attenzioni (e la borsa) del capo con il maglione blu. Non è Cenerentola però: nel suo piccolo, Lancia è un fenomeno. Paranormale.


Sergio Marchionne l’ha confessato pubblicamente poche settimane fa a Ginevra: «Mi dispiace non poterne finanziare il rilancio, ma non ho mai visto un progetto convincente di questo brand, e in grado di farci guadagnare. Preferisco concentrarmi su Alfa e lasciar stare Lancia, per quanto sia molto legato a quel nome. Io stesso ho comprato da poco una vecchia Delta Integrale, ma rifare oggi qualcosa che sia alla sua altezza non è immaginabile...».

Fine delle trasmissioni. C’è solo la Ypsilon e sola resterà. Lei piace, ha stile, il pubblico femminile anzi la adora e si augura che non cambi mai troppo. Fino a quando resisterà, questa è la domanda successiva. Non il modello, che funziona benissimo, ma il marchio stesso. Mummificato per scelta, e per mancanza di idee, nonostante un passato forte, fatto di lusso, raffinatezza e grandi risultati nei Mondiali rally che disputava e vinceva.

Tra le più antiche case automobilistiche italiane, fu fondata nel 1906 a Torino da Vincenzo Lancia e si specializzò nella fabbricazione di veicoli di lusso. Nel 1958 la acquista Carlo Pesenti, proprietario di Italcementi, il quale nel 1969, per respingere un tentativo di scalata del suo gruppo industriale da parte di Michele Sindona, la cede alla Fiat. Nel 2007 diventa Lancia Automobiles e, dopo la formazione della nuova capogruppo Fiat Chrysler Automobiles, diventa una sussidiaria di Fca Italy. Nel progetto iniziale di quest’ultima, Lancia doveva essere una sorta di gemma per impreziosire la rozza Chrysler. Ci hanno provato, ma la riproposizione della Thema su base Chrysler C300, non è piaciuta affatto. Peggio ancora l’azzardo della Flavia derivata dalla Chrysler 200 Cabrio, uscita di produzione nell’ottobre 2013, dopo appena un anno e mezzo dall’esordio. Dei rispettivi modelli del passato non avevano nulla, a iniziare dal passo, decisamente troppo americano. Classe zero, mercato insignificante, missione abortita. E futuro sbarrato, almeno all’estero, dove Lancia non ha storia e probabilmente continuerà al massimo a travestirsi da Chrysler.


La coperta è corta, produrre auto costa tanto e un progetto serio ha bisogno di anni di investimenti, troppi per un marchio come Fca abituato a ragionare solo sul breve periodo. Finchè la Ypsilon corre così (in assoluto è ancora la seconda auto più acquistata in Italia dopo la Panda) in realtà Lancia potrebbe essere un tassello spendibile verso un potenziale acquirente straniero. Ipotesi però smentita da Marchionne, che ha ribadito che fino a quando resterà al timone non venderà nulla. Il risiko delle alleanze in atto non consente di escluderlo, ma intanto Lancia resta svilita di fronte al suo passato senza futuro. Sola, ferma, Unyca.