Economia

Istruzione. Fondo per la formazione al Sud a rischio. In 3 anni 1.700 borse finanziate

Ilaria Solaini martedì 26 dicembre 2023

1.700 borse di studio erogate, grazie a StudioSì, il fondo gestito dal Gruppo bancario cooperativo Iccrea e da Sinloc per il sostegno all’istruzione universitaria e post-universitaria

Formazione specialistica uguale competitività, un’equivalenza che trova poco spazio nel nostro Paese, al penultimo posto Ue per quota di 25-34enni in possesso di un titolo di studio universitario. Stando agli ultimi dati Istat disponibili, in Italia, nel 2021, i 30-34enni in possesso di un titolo di studio che comprende una laurea, un dottorato o un diploma accademico, erano soltanto il 26,8%, a dispetto della media Ue27 che raggiungeva il 41,6%. Quota che, negli ultimi anni, è rimasta pressoché invariata, nonostante l’obiettivo europeo dell’Agenda Onu sia raggiungere il 45% entro il 2030 per i giovani tra i 25 e i 34 anni. Il Sud risulta particolarmente svantaggiato: è laureato un giovane su cinque (20,7%), contro tre giovani su dieci nel Centro e nel Nord (30%). Il divario con l’Europa, che pure riguarda entrambi i sessi, è più marcato per gli uomini rispetto alle donne: in Italia possiede una laurea il 20,4%, dei giovani – contro una media Ue del 36,3% – e il 33,3% delle giovani, a fronte di una media europea del 47%.

Che fare, dunque, per far crescere l’istruzione specialistica, la forza competitiva e il conseguente sviluppo dell’Italia? «È indubbio che vi sia una solida correlazione tra la formazione, la cosiddetta education, e la forza competitiva del nostro Paese» ha spiegato Antonio Rigon, ceo di Sinloc, società di consulenza e investimento, molto attiva in Europa su progetti comunitari. L’idea di Rigon è che sostenendo il percorso di studi di tanti giovani si possa garantire loro un futuro brillante e al tempo stesso rafforzare la competitività dell’Italia. Lo dimostra anche il dato sul tasso di occupazione dei giovani laureati di 30-34 anni che supera di oltre 12 punti quello dei coetanei diplomati.

«Nella mia esperienza all’Università di Padova mi sono reso conto che moltissimi ragazzi sceglievano facoltà di laurea che permettessero loro di studiare e lavorare» ha proseguito Rigon. Questo perché non tutte le famiglie italiane possono permettersi di pagare le tasse universitarie, l’alloggio e il vitto di uno o due figli che decidono di studiare lontano da casa. Al tempo stesso, lavorare e studiare contemporaneamente non è affatto facile e, in alcuni casi, questo può significare dover scegliere un corso di laurea che non abbia la frequenza obbligatoria o un ateneo meno prestigioso e più vicino a casa oppure addirittura un corso di laurea a distanza. Secondo Rigoni «questo tipo di scelte non sono lungimiranti per la carriera e il fatto che i nostri ragazzi siano poco orientati verso le facoltà che danno sviluppo al Paese ci penalizza tutti. Inoltre, i giovani lavorando non riescono a essere focalizzati e avere continuità nel corso degli studi universitari».

Nemmeno il meccanismo delle borse di studio statali offre sufficienti garanzie economiche a chi rientra nella fascia protetta, al di sotto dei 25mila euro di Isee: «Perché ci sono delle grandi somme da anticipare che solo in seguito vengono rimborsate; spesso ci sono ritardi sistematici e non meno importante, spesso, i fondi non sono sufficienti a coprire il numero di borse di studio richieste» ha spiegato ancora Rigoni che fino al 2020 faceva parte del consiglio di amministrazione dell’Università di Padova. In questo scenario di fatiche e di costi non solo per gli studenti e per le famiglie italiane, ma per l’intero Paese, che senza dotarsi di competenze specialistiche adeguatamente formate rischia di restare sempre un passo indietro in Europa, si inserisce StudioSì, il fondo gestito dal Gruppo bancario cooperativo Iccrea e da Sinloc per il sostegno all’istruzione universitaria e post-universitaria. «Da agosto 2020 abbiamo potuto sostenere nello studio universitario circa 1.700 studenti, per quasi 34,5 milioni di risorse già erogate». Grazie a fondi messi a disposizione tre anni fa dal ministero dell’Università e della Ricerca su risorse europee attivate attraverso la Banca europea di investimenti (Bei), il gruppo bancario e la società di consulenza padovana hanno avviato questo programma per gli studenti del Sud con prestiti a tasso zero. «Questo è stato il nostro punto di forza – ha proseguito il ceo di Sinloc –: non ci sono interessi. Non abbiamo chiesto nemmeno garanzie ai familiari e vi è un piano di ammortamento fino a 20 anni che inizia 3 anni dopo il conseguimento della laurea». Per chi è leggermente al di sopra della fascia protetta dei 25mila euro di Isee, sono condizioni incredibilmente favorevoli per costruirsi un futuro: il tasso di occupazione degli studenti di StudioSì è stato dell’85%.

In tutto questo però vi è un enorme paradosso: a fine anno si conclude il progetto StudioSì, che ha permesso a studenti o laureati residenti in Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Campania, Sardegna e Sicilia di frequentare programmi universitari, master e altri percorsi d’istruzione ovunque in Italia o all’estero e, al tempo stesso, a studenti del Nord e Centro di frequentare un ateneo o una scuola specialistica nel Mezzogiorno. Per volontà del ministero, ancora prima che avvenisse il cambio di colore politico, quest’esperienza potrebbe non essere rifinanziata. Gli strumenti europei sono tanti e a volte, forse, per la loro complessità sono sottoutilizzati, persino quelli che hanno già offerto risultati tangibili, come StudioSì. Non bastano questi primi due anni e quattro mesi che hanno portato a finanziamenti da 10mila fino a massimo di 50mila euro a 1.700 giovanissimi che hanno scelto maggiormente scelte gli atenei privati, in particolare l’università Cattolica, la Bocconi di Milano e la Luiss di Roma, che rappresentano circa il 22% delle erogazioni a fronte del 16% degli studenti finanziati. Giurisprudenza è il corso di laurea maggiormente finanziato, seguito dalle facoltà STEM, da Economia aziendale e Medicina e chirurgia.