Economia

Il fenomeno della «tornanza». Le belle storie di chi torna in Italia a fare impresa

Ilaria Solaini venerdì 2 agosto 2024

Il “tornante" è come un’onda che si ispira a largo e scarica la sua energia nel punto di arrivo, o meglio di ritorno. E la "tornanza", più che il titolo di un libro (“La Tornanza. Ritorni e innesti orientati al futuro”, il volume di Antonio Prota e Flavio R. Albano Laterza Edizioni) è un’idea, una filosofia, un movimento culturale: tornare a casa non significa fallire, ma riadattarsi, rilanciarsi, fare impresa in un modo diverso e innovativo, riutilizzando competenze apprese ovunque nel mondo.

«Nessun posto al mondo è come casa» racconta Vito Tricarico, agricoltore di 29 anni originario di Casamassima, in provincia di Bari, che ha scelto di tornare alle radici familiari e affrontare la sfida di lavorare la propria terra. Dopo aver trascorso sette anni all’estero, tra Regno Unito ed Emirati Arabi Uniti, ha deciso di abbandonare il lavoro a tempo indeterminato che aveva ottenuto in una compagnia aerea per rientrare in Puglia e dedicarsi alla coltivazione di ciliegie. Ha inventato un proprio marchio Tricarico’s cherries e su 20 ettari della terra riesce a produrre varietà come Bigarreau, Giorgia e Ferrovia. «Bisogna ammetterlo, il denominatore comune dell’agricoltura è il clima. Tutte le colture hanno risentito dell’inverno mite e della carenza d’acqua. Non fa eccezione la cerasicoltura, dove abbiamo riscontrato un calo produttivo tra il 30 e il 40%» ha spiegato Tricarico. Ciononostante le vendite funzionano bene, tanto che Tricarico’s cherries ha organizzato anche dei tour promozionali a tappe nel Nord Italia per allargare il proprio mercato.

L’agricoltura non è l’unica sfida dei “tornanti” che è come se rimanessero ancorati alle loro terre, pur essendo stati lontani per anni: «Mi è venuta l’idea di fare qualcosa che avesse un’ambizione globale da un posto più locale, che non fosse una megalopoli col traffico e gli avocado toast a 14 dollari» racconta Nicolò Andreula, 39 anni, figlio di medici baresi, che dopo aver studiato Economia all’università Bocconi a Milano e aver girato il mondo, dalla Russia a Singapore, lavorando come consulente per Goldman Sachs e McKinsey, ha scelto di nuovo la sua Bari. «Una città che vorremmo attraesse talenti, invece, di farli scappare»: ci sta provando Andreula con la sua azienda, Disal Consulting: «Ma qui sento che il profitto non è l’unica cosa che conta», è l’impatto sociale generato sul territorio a fare la differenza, infatti, il 39enne barese si è lanciato anche nel promuovere l’innovazione e la digitalizzazione nella sua città con il progetto ABCD A Bari Capitale Digitale che cerca di valorizzare le opportunità locali e attrarre investimenti.

La qualità della vita per i “tornanti” è una delle ragioni che spinge al cambio di direzione, dopo un percorso di crescita in giro per il mondo, ma lo è anche il prestigio. Come è capitato all’astrofisica Mariafelicia De Laurentis, che oggi è docente in astronomia e astrofisica all’Università di Napoli Federico II. La sua è stata una chiamata diretta per l’incarico di responsabile locale dell’iniziativa specifica Teongrav (Teoria delle Onde Gravitazionali): «Ho avuto bisogno di andare all’estero per imparare determinate cose e per affermarmi professionalmente. Ma sfatiamo il mito che l’Italia non richiami indietro i talenti italiani all’estero», a volte, come mostra il fenomeno della "tornanza", è possibile crearsi opportunità nuove anche nel Sud Italia e nelle aree interne mettendo a frutto ingegno e creatività.