Sei anni da presidente, dopo 5 alla guida della Fondazione Mps, in cui l’istituto senese è salito alle vette del sistema del credito per poi precipitare colpito dalla crisi, dall’onerosa acquisizione di Antonveneta e infine dalla «mina» derivati, ritrovandosi sull’orlo della nazionalizzazione. L’ennesimo scossone che scalza Giuseppe Mussari anche dalla presidenza dell’Abi, mentre a Siena, città che ha segnato la sua ascesa, esplode la rabbia per gli scandali che travolgono il proprio «gioiello». Con Antonveneta il Monte ridiventò la terza banca del Paese, con 3.000 sportelli. A Siena si parte con l’integrazione ma la crisi inizia a colpire forte e il Monte ne risente i contraccolpi. Per questo, secondo le ricostruzioni della stampa, i vertici ricorrono ai derivati nel 2009, anno definito «difficile», per tirar su il risultato del bilancio. Una tegola che si aggiunge all’indagine sull’ampliamento dell’aeroporto di Ampugnano. È così un caso del destino se è proprio lo stesso Profumo, suo grande sponsor per la nomina a presidente Abi nel 2010 (confermata nel giugno scorso), a subentrargli a inizio 2012 alla testa di Mps sulla pressione delle autorità di vigilanza e del mercato, con una Fondazione svenata dagli aumenti di capitale e oramai senza la maggioranza assoluta, e la banca che deve ricorrere ancora all’aiuto dello Stato per rispettare i requisiti di capitale imposti dall’Ue. Profumo e l’ad Viola passano al setaccio la precedente gestione, svalutano pesantemente Antonveneta e fanno emergere la vicenda derivati. Per Mussari si apre l’ennesima battaglia. Ed è costretto a lasciare la poltrona dell’Abi.