Anticipata, impoverita, e tuttavia in grado di assicurare vini di buona qualità: bastano poche essenziali affermazioni per connotare la vendemmia 2012, la campagna di raccolta delle uve che - almeno per le bianche - sta entrando nel vivo un po’ in tutta la penisola dopo i consueti “assaggi” di inizio agosto in un territorio a vocazione specifica per lo spumante quale la Franciacorta, dove i primi grappoli di Chardonnay sono stati raccolti già a partire dall’8 del mese scorso. Ora tocca alle altre zone vitate, con anticipi più marcati nel centro-sud: una quindicina di giorni in Toscana, una settimana nelle Marche (ma anche in certe aree del Trentino), qualcosa in meno in Sardegna e in Sicilia.Dal settentrione alle isole gli operatori del settore procederanno alle operazioni con qualche preoccupazione in meno: le piogge di questi giorni hanno rappresentato un’autentica manna per i vigneti fortemente stressati sia dalla siccità dello scorso inverno (ha inciso non poco sulla ripresa vegetativa di primavera e sull’ordinata evoluzione del ciclo vegetativo) sia dal clima secco e torrido delle passate settimane, che ha fatto temere un bis della disastrosa vendemmia 2003. All’epoca - ricorda un valente tecnico lombardo, Mario Maffi - «il caldo aveva talmente prosciugato gli acini che al loro interno invece del succo destinato a trasformarsi in mosto era facile trovare una vera e propria marmellata».Non sarà così stavolta, ma sulla quantità della produzione gravano parecchi punti interrogativi. In assenza di piogge al momento giusto i grappoli si presentano in genere di ridotte dimensioni e di scarso peso, gli acini sono spesso minuti. Alcune valutazioni della Coldiretti ipotizzano una resa inferiore tra il 10 e il 20 per cento rispetto ai livelli dello scorso anno, quando già si era toccato il minimo dell’ultimo mezzo secolo con 40,3 milioni di ettolitri di vino. Sulla stessa lunghezza d’onda si colloca la Confagricoltura che ha campionato 700 aziende tra le più significative del contesto nazionale: «Il calo produttivo sarà più evidente in Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto e Friuli». Federagri-Confcooperative (400 cantine che lavorano oltre il 50 per cento della produzione vinicola del Paese) è decisamente pessimista: teme che non si vada oltre i 39,4 milioni di ettolitri, meno 7,7 per cento sul 2011, «un record negativo assoluto che coinvolgerebbe in primo luogo Toscana, Puglia e Veneto». Evidente il danno economico per gli operatori di un settore già segnato da varie criticità, non ultima la frenata del mercato interno del vino e l’aumento dei costi aziendali.Alla produzione in picchiata farà comunque da contrappeso un buon livello qualitativo delle uve, che proprio la persistente siccità ha protetto dall’oidio, dalla peronospora, dalle muffe. «Ma anche su questo fronte per avere certezze occorrerà valutare l’andamento climatico dell’intero mese di settembre», puntualizzano proprio in Confagricoltura. «Non sarà comunque una grande vendemmia», avvertono i tecnici. Grande sicuramente no, ma poi gli stessi esperti ammettono che la «materia prima» di partenza, l’uva, è in genere sana, quindi può garantire vini buoni, in alcuni casi «molto buoni», che è poi quello che conta. Non resta che aspettare.In molti casi a venire in soccorso ai vigneti a rischio di disidratazione è stata una pratica di solito estranea alla viticoltura. Qua e là, dove è stato possibile e dove la situazione si presentava particolarmente critica, i vignaioli hanno fatto ricorso all’irrigazione, «una opportunità per noi decisiva», spiegano alcuni produttori della zona friulana del Collio. Hanno irrigato anche in Alto Adige, nel comprensorio dei Colli Apuani in Toscana, in Sicilia, in Sardegna, dove l’enologo Mariano Murru spiega che grazie a questa procedura la perdita produttiva di uva Vermentino - il più diffuso vitigno isolano - sarà contenuta tra il 5 e l’8 per cento.Forse in futuro anche i vigneti, almeno nelle zone più siccitose della penisola, dovranno essere dotati di impianti fissi di irrigazione per non dipendere dall’aleatorietà delle precipitazioni atmosferiche: sarà il prezzo che la viticoltura italiana pagherà alle bizzarrie del meteo e agli annunciati cambiamenti climatici.