Cisl. Furlan: «Il 29 sindacati in piazza di notte. Conte condivida l'agenda»
La segretaria generale della Cisl Annamaria Furlan
«L’Europa ha imboccato la strada della responsabilità e della solidarietà che noi come sindacato auspichiamo da tempo. Ora non bisogna sprecare questa occasione storica per cambiare il nostro Paese. Bisogna pensare in primo luogo alla crescita e alla riduzione delle diseguaglianze sociali. Siamo molto preoccupati. Basta vedere i dati sulla caduta della produzione industriale, dei consumi, e anche delle nuove assunzioni con un crollo del 40% rispetto allo scorso anno, per capire quanto ci sia bisogno delle risorse che l’Europa ci darà». Annamaria Furlan, segretaria generale della Cisl, ha ben chiaro quali sono le priorità dopo la pandemia.
Come andranno utilizzate le risorse del Recovery Fund?
L’emergenza rimane il lavoro delle persone. Bisogna concentrarsi su questo obiettivo primario, selezionando gli investimenti pubblici nei settori dove si devono creare nuovi posti di lavoro: infrastrutture, digitalizzazione, innovazione, ricerca, scuola, tutela del territorio, ambiente. Bisogna partire da qui, e sostenere anche i settori industriali strategici e più innovativi, il terziario avanzato, il turismo, l’agroalimentare. E basta poi anche con questo balletto dei sì e dei no sul Mes: quelle risorse servono alla nostra sanità pubblica. Abbiamo visto in questi mesi che cosa hanno prodotti i tagli degli ultimi 20 anni agli organici degli infermieri e dei medici.
Voi chiedete un patto su questi temi?
Sì. Il presidente Conte dovrebbe fare come fece a suo tempo Ciampi: chiamare a Palazzo Chigi i sindacati e le altri parti sociali e ricercare un accordo serio con tutte le forze responsabili del Paese. Questo rafforzerebbe il governo, senza per questo spogliare il ruolo del Parlamento e dei partiti. Possiamo chiamarla 'condivisione', se ci spaventa la parola 'concertazione'. Ma oggi il tema è ricercare quella necessaria coesione sociale indispensabile per fare le riforme che l’Europa ci chiede di fare.
Siete pronti a scendere in piazza per centrare questo obiettivo?
Il sindacato non può stare fermo né attendere che la politica trovi prima le sue mediazioni. Per questo la sera del 29 luglio abbiamo organizzato unitariamente a Roma una grande iniziativa con i nostri delegati, in cui elencheremo al governo le nostre priorità: riforma del fisco, detassazione dei rinnovi contrattuali pubblici e privati, Mezzogiorno, conoscenza, previdenza, legge sulla non autosufficienza, sostegno alle famiglie più deboli, sicurezza sul lavoro. Poi il 18 settembre ci sarà una altra grande giornata di mobilitazione nazionale in tutta Italia per sollecitare una risposta, una svolta vera e concreta nella politica economica. Non accetteremo scelte calate dall’alto sui temi del lavoro senza un confronto serio con il sindacato.
Ci sono decine di vertenze ferme. Si rischia un autunno "caldo"?
È un altro punto della nostra rivendicazione. Non basta indicare solo la ricetta dello Stato che entra nel capitale delle aziende. Occorre mettere in campo progetti industriali seri, selezionare partner adeguati e soprattutto far partecipare i lavoratori alla governance delle aziende. Questa è la vera svolta che noi auspichiamo a partire da Autostrade. Non basta il ritorno dello Stato- padrone. Vogliamo i lavoratori a controllare le scelte degli azionisti, dei manager pubblici e privati. Non sprechiamo questa occasione storica per cambiare il nostro sistema capitalistico.
Avete avuto un incontro con la ministra Catalfo sugli ammortizzatori. Com’è andata?
Il governo ha confermato di voler procedere con il rifinanziamento della cassa integrazione fino alla fine dell’anno e il blocco dei licenziamenti. Questo è sicuramente un fatto positivo. Noi abbiamo ribadito che occorre una riforma del nostro sistema di ammortizzatori sociali che da un lato deve coprire tutti i lavoratori e dall’altro garantire una seria ricollocazione e riqualificazione dei lavoratori, con percorsi formativi legati alle nuove esigenze delle imprese e del territorio. La formazione e la scuola devono diventare un elemento centrale della politica di crescita del Paese. Il nostro futuro dipende da questo.