Immobiliare. Il 2017 del mattone: tocca alle banche sostenere la ripresa
Euro Housing Market (Image Money su Flickr, https://flic.kr/p/9VzRWs)
L'immobiliare italiano si prepara a chiudere l’anno con una ripresa a metà. La crisi che aveva bloccato il mercato tra la fine del 2011 e l’inizio del 2014 è ormai superata. Già dal primo trimestre del 2016 le compravendite sono tornate ad aumentare a due cifre e, in attesa del dato degli ultimi tre mesi, si può prevedere una crescita complessiva vicino al 20%. Non è difficile capire da dove arrivi la spinta al mercato: trimestre dopo trimestre i tassi dei mutui sono scesi fino a nuovi minimi storici: nel secondo trimestre dell’anno, secondo le ultime rilevazioni della Bussola realizzata da Crif e MutuiSupermarket, l’interesse totale effettivo medio (il cosiddetto Isc) ventennale è sceso fino al 3% per un mutuo a tasso fisso e al 2,5% per uno variabile. È un terzo in meno rispetto a due anni fa, quando l’analogo Isc era al 4,5% per il fisso e al 3,5% per il variabile.
Difatti il mercato dei mutui si è ripreso più rapidamente rispetto a quello del mattone, con una fortissima componente di surroghe e sostituzioni, cioè risparmiatori che hanno sostituito il vecchio mutuo con uno nuovo più conveniente, rimanendo nella stessa banca o scegliendo di cambiarla. In genere nel 2016 solo il 43% dei nuovi mutui è servito ad acquistare abitazioni, mentre quasi la totalità del resto del mercato è fatto di surroghe e sostituzioni. Dopo l’incredibile +70,6% di erogazioni di mutui del 2015 quest’anno la crescita è rallentata: nel secondo trimestre siamo al +28,5%. «Sì, siamo in una fase di contrazione delle crescita. Nella seconda parte dell’anno il tasso di crescita è stato anche più basso. Non ci aspettiamo un rimbalzo per l’anno prossimo, sarebbe già molto chiudere con qualcosa tra il +10 e il +20%» spiega Stefano Rossini, amministratore delegato e fondatore di MutuiSupermarket, società italiana leader nella comparazione e nella mediazione dei mutui online.
Il rallentamento indicato da Rossini è anche il motivo per cui per l’immobiliare italiano non si può parlare di ripresa completa. Il fatto è che l’altro fattore che agevola le compravendite è ancora il calo dei prezzi, scesi in media di un altro 1,2% nella prima parte dell’anno (diminuzione che porta a -15,1% la caduta dal 2010). Per la casa, insomma, le vendite sono in ripresa, ma è sempre deflazione, situazione tipica di un mercato poco sano. E per il 2017 non si vedono prospettive molto migliori. «Le condizioni selettive di accesso ai mutui e la precarizzazione del mercato del lavoro potrebbero dirottare un numero sempre maggiore di potenziali compratori sull’affitto» confermano dal portale immobiliare Idealista. I numeri del rapporto annuale dell’Istat, diffuso ieri, rimarcano questa tendenza: nel 2015 i nuclei familiari che sono proprietari dell’abitazione in cui vivono sono scesi all’81% dall 81,5% del 2014 (mentre ad avere un mutuo in corso era il 17,7%, contro il 19,3% dell’anno precedente).
Se sono i prezzi ancora troppo alti rispetto ai redditi (al contrario ancora troppo bassi) dei giovani italiani, quelli che tradizionalmente spingono il mercati, saranno forse allora le banche a cercare di evitare che il mercato torni in crisi, con un nuovo stallo delle compravendite o una caduta dei valori eccessivamente brusca. «Da parte degli istituti di credito vedo la volontà di sostenere la ripresa — spiega Rossini —. Diverse banche continuano a ridurre i prezzi dei mutui. Vogliono erogare e avere un mercato: il mutuo è una forma di credito sicura e redditizia, nonostante i tassi bassi. La percentuale di mutui in sofferenza a inizio 2016 è scesa all’1,5%, il livello più basso degli ultimi 5 anni. Il prossimo passo in cui possiamo sperare è una riduzione della richiesta di capitale di partenza ai clienti: alzare l’asticella del rapporto tra mutuo e valore dell’immobile sopra l’80% lascerebbe entrare nel mercato molto giovani che hanno lavori sicuri e stipendi buoni, ma pochi risparmi».