Economia

Occupazione. I robot creano nuovo lavoro se l'azienda fa formazione

Maurizio Carucci sabato 27 gennaio 2018

La crisi economica è alle spalle, ma all’orizzonte appaiono nuove sfide legate a digitale, robotica e intelligenza artificiale (Ia). La nuova rivoluzione industriale divide gli esperti. Apocalittici e integrati scendono in campo e discutono delle ripercussioni sull’occupazione e il lavoro. Il World Economic Forum (Wef), per esempio, sottolinea la necessità di prendere delle contromisure adeguate. «La sfida della Quarta rivoluzione industriale – spiega Klaus Schwab, fondatore e presidente esecutivo del Wef – sarà definita sempre più dalla capacità innovativa dei Paesi con un’importanza sempre maggiore della capacità di attrarre talenti». Inoltre la robotica e l’automazione rivoluzioneranno il mondo del lavoro: il Wef avverte che con molti posti a rischio, «sarà vitale creare condizioni in grado di resistere allo choc e sostenere il lavoro nei periodi di transizione». Più robot e meno occupati oppure più opportunità per le nuove professioni? «Nel breve periodo assisteremo a entrambi i fenomeni, anzi vi stiamo già assistendo. Il lavoro sta già cambiando. L’automazione erode l’occupazione a bassa intensità di conoscenza e crea al contempo nuove opportunità lavorative e nuove professioni a più alto valore aggiunto. Sostanzialmente si alza l’asticella della specializzazione verticale, ma allo stesso tempo diventano fondamentali l’approccio strategico, l’intraimprenditorialità, le competenze trasversali », sostiene Andrea Bellezza, fondatore e direttore strategico di Osc Innovation.

È indubbio che l’Ia possa emancipare il genere umano dalle necessità produttive e, come suggerito da eminenti personalità come Bill Gates – secondo cui «aumenta le capacità umane, propone nuove opportunità di sviluppo, anche se renderà obsoleti molti posti di lavoro » – ed Elon Musk, i robot possono pagare tasse e contribuire al benessere della popolazione, generando risorse da destinare a politiche di welfare organiche, all’innovazione sociale continua, a ricerca e sviluppo. Satya Narayana Nadella, ceo di Microsoft, ritiene invece che «bisogna spiega- re bene che l’Ia sarà un aiuto per l’uomo e non il suo sostituto». Secondo una ricerca di Accenture, i ricavi delle imprese potrebbero crescere del 38% entro il 2020, a patto che investano sull’Ia. A queste condizioni, anche il livello di occupazione potrebbe beneficiare di un aumento del 10%. «Le aziende devono investire di più in formazione, al fine di preparare i dipendenti a un nuovo modo di lavorare in cooperazione con le macchine – dichiara Marco Morchio, Accenture Strategy Lead per Italia, Europa Centrale e Grecia –. La capacità di integrare rapidamente tecnologia intelligente e ingegno umano in tutte le funzioni aziendali sarà sempre più un elemento imprescindibile per il successo e la crescita delle imprese». Tuttavia è necessario mutare la propria cultura aziendale, affermano anche gli esperti di Hays.

Il cambiamento non deve essere concepito come un pericolo, ma come una spinta costante all’innovazione che deve coinvolgere l’intera organizzazione, a tutti i livelli. Nel mondo, comunque, in quattro aziende su cinque l’introduzione di sistemi dotati di Ia ha creato nuovi posti. Secondo uno studio di Capgemini, l’83% delle imprese conferma la creazione di nuove posizioni all’interno dell’azienda. Inoltre, rileva il report, i tre quarti delle società hanno riferito di aver registrato un aumento delle vendite del 10%, direttamente legato all’implementazione dell’Ia. Ma negli Usa gli apocalittici sostengono che l’Ia brucerà 1,4 milioni di posti. Scenari da paura. Tanto che Peter Rubinstein dell’Università di Chicago, invita a «comprenderla e affrontarla». E suggerisce di chiamarla «Intelligenza umana avanzata».