Rapporto Onu. I quattro fattori che spingono la disuguaglianza dei redditi nel mondo
Bambini ad Haiti
«Ridurre le diseguaglianze» è uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile che l’Onu si è data per il 2030, ma per come stanno andando le cose sarà difficile centrarlo. Il World Social Report pubblicato ieri dal Dipartimento per gli affari economici e sociali delle Nazioni Unite mostra che dal 1990 al 2016 la diseguaglianza dei redditi, calcolata con il coefficiente di Gini, è aumentata in 49 nazioni, diminuita in 58 e rimasta stabile in 12. Gli aumenti si sono registrati in alcuni dei Paesi più popolosi del mondo, inclusi la Cina e l’India, con il risultato che due terzi della popolazione mondiale vive in Stati in cui la diseguaglianza è aumentata. La diseguaglianza tra nazioni è invece diminuita in termini relativi, ma aumentata in valori assoluti. Lo studio dell’Onu usa un metodo diverso da quello presentato lunedì dall’Oxfam: guarda agli indicatori di reddito, non di patrimonio, e segue il tradizionale metodo della ricerca economica.
La diseguaglianza di reddito è un problema mondiale, ricordano i ricercatori, perché alti livelli di disparità ostacolano l’emancipazione dei poveri dal loro stato di bisogno, frenano la crescita economica e creano divisione sociale che può portare anche a conflitti violenti.
L’Onu individua quattro fattori che stanno modificando la diseguaglianza globale. Il primo è la rivoluzione tecnologica. La digitalizzazione dell’economia e l’applicazione industriale di robotica e intelligenza artificiale beneficiano i lavoratori più specializzati e aumentano il loro vantaggio su quelli meno formati. Nello stesso tempo i guadagni dell’evoluzione tecnologica spesso sono “catturati” da un numero molto ristretto di aziende. Il secondo fattore è il cambiamento climatico. Gli effetti del riscaldamento globale non sono omogenei e colpiscono più duramente i più poveri dei Paesi poveri, perché sono indifesi. Senza interventi, prevede l’Onu, il cambiamento climatico può creare milioni di nuovi poveri in questo decennio. Il terzo fattore è l’urbanizzazione. Da un lato le grandi città sono più diseguali, ma hanno anche meno povertà rispetto alle città più piccole: il processo che porta sempre più persone a spostarsi verso le metropoli deve essere gestito, consiglia l’Onu, perché «i vantaggi delle città potrebbero non essere sostenuti se non si riducono le diseguaglianze al loro interno». Il quarto fattore sono le migrazioni. Qui la questione è controversa: «Se le migrazioni aiutino o meno a ridurre la diseguaglianza dipende dalle caratteristiche delle nazioni di partenza e di quelle di arrivo e dalle condizioni in cui le migrazioni avvengono». In generale, comunque, le migrazioni possono ridurre le diseguaglianze tra nazioni e all’interno delle nazioni «quando avvengono in modo regolare, ordinato e sicuro, quando i migranti possono usare in maniera produttiva le loro capacità e quando le rimesse possono essere inviate a costi bassi».
Tutto sommato, ha commentato il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, «il World Social Report 2020 lancia un messaggio chiaro: il corso futuro di queste sfide complesse non è irreversibile. Il cambiamento tecnologico, la migrazione, l’urbanizzazione e persino la crisi climatica possono essere sfruttate per creare un mondo più equo e più sostenibile, oppure possono dividerci ulteriormente».