La carne vegetale. Che cosa c'è dietro il successo di Beyond Meat a Wall Street
Un hamburger di Beyond Meat, l'effetto sangue è dato dal succo di barbabietola (foto Beyond Meat)
Il progetto di debutto a Wall Street di Beyond Meat, una delle più promettenti tra le società che lavorano sulla cosiddetta “carne a base vegetale”, sembrava un po’ troppo ambizioso. È vero che presentarsi alla Borsa americana con bilanci cronicamente in perdita è ormai del tutto normale (chiedere a giganti come Tesla, Netflix o Uber) e bruciare cassa in attesa del boom del mercato lo è altrettanto per una qualsiasi startup. Però qui parliamo di un’azienda ancora piuttosto piccola, per quanto in crescita: nel 2018 ha fatto 88 milioni di dollari di ricavi e 30 milioni di perdite, dopo i 21 milioni di fatturato e 23 milioni di rosso del 2017. Eppure con questi conti Beyond Meat non ha faticato a raccogliere 250 milioni di dollari tra gli investitori, per una capitalizzazione complessiva di 1,5 miliardi.
Già con questa operazione di collocamento l’azienda fondata da Ethan Brown, che tutt’ora la guida, ha ottenuto dagli investitori più di quanto abbia incassato dai clienti in tutta la sua storia. Ma questo è quasi niente, dato quello che poi è accaduto a Wall Street. Giovedì, nel primo giorno di scambi sull’indice tecnologico Nasdaq, l’azione “Bynd” si è subito impennata, guadagnando quasi il 50% dopo i primi minuti e chiudendo la giornata con un rialzo del 163%. In un giorno, in pratica, il valore di Borsa di Beyond Meat è quasi triplicato. Per la felicità di alcuni azionisti famosi, tra questi l’attore Leonardo Di Caprio, Bill Gates, fondatore di Microsoft, l’ex dirigente del gruppo McDonald’s Don Thompson e il fondo Kleiner Perkins Caufield & Byers, che ha una quota del 13,2%.
Evidentemente per gli investitori le prospettive di mercato della carne a base vegetale sono molto superiori a quelle stimate anche dalle grandi banche d’affari che hanno accompagnato l’azienda a Wall Street. Il settore è piuttosto vivace, nel 2018 le vendite in America sono aumentate del 24% raggiungendo i 670 milioni di dollari e ci sono diverse aziende promettenti come Tofurky o Incredible Foods (che entro fine anno porterà la sua carne artificiale sui vassoi di Burger King). Beyond Meat è stata capace di produrre quello che molti considerano l’hamburger vegetale dal sapore più simile a quello del vero manzo.
Creare una carne senza animali
Brown nel prospetto presentato alla Sec ha incluso una lettera in cui presenta il suo approccio. Scrive che l’inclusione della carne in una dieta precedentemente vegetariana è stata decisiva per lo sviluppo cerebrale dell’austrolopiteco africano e, di conseguenza, per la razza umana. Ma oggi, considerati i costi della produzione su vasta scale di carne in termine di salute, cambiamento climatico, impiego di risorse naturali e benessere degli animali, è possibile “andare oltre” (beyond, appunto). «Se definiamo la carne in base alla sua composizione e struttura (amino acidi, lipidi, minerali, vitamine e acqua cotti assieme all’interno di un muscolo) possiamo innovare verso la soluzione».
Questa innovazione è il cuore dell’attività di Beyond Meat: considerando gli animali come “bioreattori” di altri materiali che si possono trovare in natura, l’azienda ha brevettato un sistema che attraverso riscaldamento, raffreddamento e pressione lavora le proteine vegetali per allinearle nelle stesse strutture fibrose che si trovano nelle proteine animali. Il risultato è combinato con ingredienti che imitano la composizione di carne a base animale, come minerali, proteine e grassi vegetali. Il prodotto finale è una carne artificiale che «assomiglia, si cuoce e dà soddisfazione come la carne di manzo o di maiale» assicura l’azienda, che rispetto alla carne “vera” indica un risparmio del 99% di acqua, del 93% di energia e del 90% di emissioni di gas serra.
L’ingrediente principale è la proteina dei piselli gialli, che Beyond Meat importa da Francia e Canada, ma ci sono anche olio di cocco e fecola di patate. Il succo di barbabietola dà alla carne artificiale l’effetto sangue. Gli hamburger di Brown sono venduti in molti supermercati – compresa la catena Whole Foods, comprata da Amazon, e Tesco – che ospitano i suoi prodotti nei banchi della carne, non nel reparto “vegan”, oltre che e in diverse catene di ristoranti. Anche in Italia, dove le vendono le 16 hamburgerie “gourmet” della catena bolognese Welldone e, da pochissimi giorni, il fast food monzese Paulpetta. A giudicare dalle recensioni italiane pubblicate su Tripadvisor, i clienti sembrano soddisfatti.
Verso un mercato da 35 miliardi di dollari
Sicuramente oggi il più soddisfatto di tutti è Brown, il cui debutto a Wall Street ha avuto un successo migliore della più ottimistica delle previsioni. Nelle stime con cui si è presentata alla Borsa, Beyond Meat si dà l’obiettivo di essere il protagonista del mercato mondiale della carne a base vegetale, il cui giro d’affari negli Stati Uniti secondo diversi analisti potrebbe salire in pochi anni dai 670 milioni di dollari del 2018 a circa 35 miliardi, prendendosi una fetta di cira il 15% del mercato della carne. Il potenziale è enorme, considerato che a livello mondiale quel mercato vale 1.400 miliardi.
Difficilmente un prodotto standardizzato e artificiale come quello di Beyond Meat potrà insidiare carni eccellenti, come la fassona o la chianina italiane o il celebre manzo di Kobe giapponese. Più in generale, è da vedere quanti sentiranno l’esigenza di consumare un sofisticato prodotto a base vegetale che assomiglia a un hamburger di manzo senza esserlo. Sicuramente per i produttori di carni più “industriali” e meno pregiate la concorrenza è reale e molto temibile.