Scenari. Guerre, tassi elevati, imprese sfiduciate: l’economia è in una fase pericolosa
Le tensioni geopolitiche rappresentano oggi la più grande minaccia per l’economia globale. Lo ha detto ieri Ajay Banga, presidente della Banca Mondiale, rivolgendosi a una schiera di investitori “vip” riunitisi a Riad per il Future Investment Initiative. A tenere banco, durante l’evento annuale che si svolge nella capitale saudita ed è considerato una “Davos nel deserto” per il calibro internazionale dei suoi partecipanti, anche l’andamento dei tassi d’interesse e le ultime tendenze come l’intelligenza artificiale.
I rischi «tendono a spostarsi velocemente», ha commentato in proposito Banga, quindi anche questi temi non dovrebbero essere ignorati. E in una fase di incertezza come quella attuale, la guerra tra Israele e Hamas rischia di avere “gravi” conseguenze economiche. «Penso che ciò che sta accadendo in Israele e a Gaza avrà un grave impatto sullo sviluppo», ha detto il presidente della Banca Mondiale, aggiungendo: «Penso che siamo in un momento molto pericoloso». In platea erano presenti tutti i big della finanza di Wall Street, come il numero uno di Jp Morgan, Jamie Dimon, quello di Goldman Sachs, David Solomon; e di Blackrock, Larry Fink. Fra i più pessimisti Ray Dalio, il fondatore dell’hedge fund Bridgewater, secondo cui «se si guarda l’orizzonte temporale, e le politiche monetarie che ci aspettano», tutto ciò rischia di avere un «impatto maggiore» sull’economia, «e se si considerano i divari mondiali, è difficile essere ottimisti al riguardo». Noel Quinn, amministratore delegato del gruppo Hsbc, ha messo in guardia sul potenziale raggiungimento di un «punto critico» per i debiti pubblici. «Quando arriverà, ciò accadrà velocemente e penso che ci siano un certo numero di economie nel mondo in cui potrebbe colpire duramente». Bill Winters, ceo di Standard Chartered, ha detto invece di sperare che l’impatto delle guerre in Europa e in Medio Oriente rimanga contenuto, descrivendo i tassi di interesse come «molto più urgenti».
Il momento di incertezza è stato intanto confermato ieri da alcuni degli indicatori considerati più affidabili per l’Eurozona, che a pochi giorni dalla riunione della Bce hanno evidenziato i rischi di una gelata del credito nei Paesi che utilizzano la moneta unica, e le continue difficoltà che attraversano le imprese sia nel settore manifatturiero sia in quello dei servizi. In particolare il “Bank Lending Survey” della Bce, un sondaggio effettuato fra le banche con cadenza trimestrale, ha mostrato che la domanda di prestiti da parte di famiglie e imprese ha continuato a diminuire con forza nel terzo trimestre, confermando l’impatto dei rialzi dei tassi d’interesse che proprio Francoforte ha portato al massimo storico del 4,5% lo scorso settembre. Nel trimestre gli standard creditizi per i prestiti o le linee di credito alle imprese si sono ulteriormente inaspriti e nel giudizio della Bce l’inasprimento netto cumulativo dal 2022 è stato sostanziale. La percentuale netta di banche che hanno segnalato un inasprimento si è leggermente attenuata rispetto al trimestre precedente (12% da 14%), ma è stata leggermente superiore a quanto previsto dalle banche nel trimestre precedente. Le banche hanno inoltre segnalato un ulteriore inasprimento netto dei criteri di concessione del credito alle famiglie per l’acquisto di abitazioni, per il credito al consumo e per altri prestiti alle famiglie.
Sempre ieri gli indici Pmi, che sono sondaggi fra i direttori degli acquisti, hanno evidenziato a ottobre un nuovo peggioramento dell’attività economica sia nel settore manifatturiero sia dei servizi, entrambi in territorio di contrazione. Tutto ciò mentre giovedì prossimo la presidente della Bce, Christine Lagarde, sarà chiamata a giustificare l’attuale approccio di Francoforte (e delle altre banche centrali) che prevede tassi d’interesse elevati per un periodo prolungato. Secondo gli economisti di Commerzbank si moltiplicano i segnali di recessione nell’area euro e un altro aumento dei tassi di interesse della Banca centrale europea nei prossimi mesi diventa «sempre più improbabile». Andrea Volpi, economista della direzione Studi e eicerche di Intesa Sanpaolo, sottolinea che i Pmi preliminari dell’Eurozona di ottobre «mostrano un calo della fiducia diffusa a manifattura e servizi. Per il momento il nostro scenario non è ancora quello di una recessione ma date le indicazioni di frenata della domanda di lavoro i rischi al ribasso si stanno facendo più tangibili».