Economia

ESPLODE LA CRISI. Polveriera Grecia Crac più vicino

Andrea D'Agostino giovedì 16 giugno 2011
Un Paese completamente paralizzato dagli scioperi, una capitale infiammata dagli scontri. Dai porti alle banche, dagli ospedali agli uffici pubblici, dalle scuole alle redazioni dei giornali: la Grecia ieri ha vissuto un’altra giornata difficile per lo sciopero generale - il terzo dall’inizio dell’anno - indetto dalla Adedy, il principale sindacato del settore pubblico, e dalla Confederazione generale del Lavoro Gsee, uniti contro il nuovo pacchetto di tagli che ieri, in mezzo alle proteste, è arrivato al Parlamento per essere discusso. Trentamila i manifestanti ad Atene secondo la polizia, oltre quarantamila per i media; e ancora, altri 20mila sono scesi in piazza a Salonicco, capoluogo della Macedonia ellenica e seconda città del Paese. «Il parlamento sarà la loro prigione», «Dove sono finiti i nostri soldi?» – sono alcune delle scritte che si leggevano sui tanti striscioni issati dai dimostranti, che a migliaia sono arrivati nella capitale per dare sostegno ai manifestanti che da oltre tre settimane hanno piazzato le tende di fronte al parlamento, nella centrale piazza Syntagma.La manifestazione di ieri era stata indetta a mezzogiorno dai sindacati con l’obiettivo di impedire ai deputati di entrare in Parlamento dove il premier George Papandreou doveva presentare le nuove misure (tagli per 78 miliardi di euro in cinque anni). La stessa auto blu del premier greco è stata presa di mira dal lancio di arance da parte di un gruppo di manifestanti mentre stava per entrare nel cortile del Parlamento. Tutto l’edificio del parlamento, che si affaccia su un lato di piazza Syntagma, è stato circondato da circa 1.500 agenti in tenuta antisommossa.I tumulti sarebbero degenerati quando un gruppo di giovani con il volto coperto ha iniziato a lanciare sassi e bottiglie incendiarie contro le forze dell’ordine, che hanno reagito con i gas lacrimogeni: gli stessi black bloc hanno tentato anche di assaltare il ministero delle Finanze lanciando molotov contro l’edificio, un’azione a cui si sono opposti anche numerosi dimostranti. Il bilancio alla fine è stato di dodici persone rimaste ferite negli scontri, secondo le fonti dei servizi di soccorso; un portavoce della polizia, Thanassis Kokkalakis, ha denunciato il ferimento di alcuni agenti, tutti «in condizioni gravi»: uno, in particolare, è stato colpito a un orecchio da un razzo per segnalazioni, un altro ha perso alcune dita di una mano. In evidente crisi il primo ministro greco George Papandreou, che nel pomeriggio ha dichiarato di essere pronto a dimettersi per facilitare la formazione di un governo di unità nazionale, così come richiesto dall’opposizione conservatrice; poche ore più tardi ha proposto al centrodestra un’intesa di governo per affrontare la crisi del debito del Paese. Lo ha annunciato il canale di Stato Net: Papandreou ha contattato il leader dell’opposizione Antonis Samaras sulla possibilità di una divisione dei poteri in cambio di una sua sicura approvazione delle controverse riforme richieste per assicurare al paese nuovi aiuti finanziari. Il premier socialista ha tenuto anche una riunione di emergenza con il presidente della Repubblica Karolos Papoulias, dopo che la crisi dal piano economico si era estesa anche a quello politico, per via della defezione del ministro dello Sport Giorgos Liannis, dimessosi per protesta dall’incarico, riducendo così ad appena cinque seggi il margine a disposizione della maggioranza (155 deputati su 300). Liannis manterrà però il suo seggio in parlamento come indipendente. Ma per Papandreou i guai non sono finiti: un altro deputato socialista, Alexandros Athanassiadis, ha annunciato che voterà contro le nuove misure e diversi suoi colleghi hanno espresso perplessità sul pacchetto di austerità.Dal canto loro, i conservatori di Nuova Democrazia sono pronti a entrare in un governo di unità nazionale, ma hanno posto due condizioni: che non ne faccia parte Papandreu, il quale dovrà comunque dimettersi, e che sia rinegoziato il piano di austerità imposto ad Atene dalla Ue e dal Fondo monetario internazionale per evitare il default.