Telecomunicazioni. Gran Bretagna, British Telecom taglierà 55mila dipendenti
Se due giorni fa era stata Vodafone ad annunciare il taglio di 11mila posti di lavoro in tre anni, stamattina è arrivata un’ulteriore conferma della crisi attraversata dal settore delle telecomunicazioni a livello internazionale. British Telecom ha infatti annunciato che taglierà fino a 55mila posti di lavoro entro il 2030. La società conta di fare affidamento "su una forza lavoro ridotta e costi significativamente ridotti", ha dichiarato l'amministratore delegato Philip Jansen in un comunicato.
I licenziamenti previsti rappresentano il 42% della forza lavoro di British Telecom, che impiega 130mila dipendenti, in modo diretto o tramite intermediari. Il gruppo vuole ridurli portandoli a un numero compreso tra 75.000 e 90.000. Fino a un quinto di questi tagli riguarderà i servizi ai clienti e il personale in esubero verrà sostituito dall'utilizzo di nuove tecnologie tra cui l'intelligenza artificiale. L'annuncio di British Telecom è stato fatto dopo la pubblicazione dei risultati annuali, con un calo del 12% dei profitti a 1,7 miliardi di sterline. Il colosso della telefonia aveva già manifestato l'intenzione di compiere tagli di personale drastici a fronte della difficile congiuntura economica nel Regno Unito, ma la crisi del comparto è a livello globale e anche in Italia, da anni, i ricavi si riducono sempre più, a fronte di investimenti necessari per stare al passo con l’evoluzione della tecnologia.
Martedì, la nuova amministratrice delegata di Vodafone, l’italiana Margherita Della Valle, nel presentare i conti del Gruppo aveva spiegato la necessità di tagliare 11mila posti di lavoro vista la «nostra performance non abbastanza buona», con un impatto sia sulla sede centrale del gruppo nel Regno Unito che sui mercati di tutto il mondo, Italia compresa. La stessa numero uno di Vodafone aveva sottolineato che «il settore delle telecomunicazioni europeo ha tra i più bassi Roce (il rendimento del capitale investito, ndr) in Europa, accanto al più alto capitale richiesto di investimento» con un impatto sul rendimento degli azionisti.
La situazione in Italia
In Italia, secondo l’Osservatorio sulle comunicazioni di AgCom, solo Iliad ha fatto registrare nell’ultimo anno un leggero aumento della sua quota di mercato come Sim totali (+0,9%, per una quota del 12,2%), mentre sono in calo Tim (0,4%), Vodafone (-0,9%) e WindTre (-0,3%). Nel nostro Paese il giro d’affari del settore delle telecomunicazioni è diminuito di oltre 14 miliardi di euro tra il 2010 e il 2021 (-3,7% medio annuo), con la rete mobile in maggior affanno (-5%) rispetto alla fissa (-2,5%). Nello specifico, gli introiti da Sms sono diminuiti di 2 miliardi di euro (quasi azzerandosi, a fronte dell’aumento esponenziale di servizi come WhatsApp) e i ricavi voce di 5,6 miliardi nel fisso e 6,3 miliardi nel mobile.
Sempre secondo dati AgCom, la crisi è determinata da una competizione che in Italia ha causato la più marcata contrazione delle tariffe telefoniche (-20,5%) rispetto al -4,9% medio europeo nel quinquennio 2017-2021. Ad esempio, nel primo semestre 2022, nonostante un’inflazione galoppante, i ricavi domestici dei principali operatori italiani erano scesi in media del 4,6% (-3,1% il comparto mobile e -5,8% il fisso). La contrazione del fatturato, sempre nel primo semestre 2022, rimaneva concentrata nei primi tre operatori: Tim (-7,5% la “domestic unit”), Wind Tre (-6,1%) e Vodafone (-2,5%), con una diminuzione cumulata di 258 milioni. Nello stesso periodo, crescevano invece i francesi di Iliad (+15,4% sull’anno precedente puntando sui prezzi bassi), PosteMobile (+3,3%) e Fastweb (+1,5%).