Economia

Digitale. Google Maps è «introvabile», così il nuovo regolamento europeo non ci aiuta

giovedì 4 aprile 2024

La legge dell’Unione Europea, il Digital markets act (Dma), in vigore dallo scorso 7 marzo, vorrebbe sfidare il potere dei giganti della tecnologia rendendo più semplice per le persone spostarsi tra servizi online concorrenti come piattaforme di social media, browser Internet e app store. Ciò dovrebbe a sua volta offrire maggiore spazio alla concorrenza delle aziende più piccole.
Ma è davvero così? Che cosa succede realmente a chi naviga e a chi usa i servizi delle sei big tech - gli americani Alphabet (Google), Amazon, Apple, Meta (Facebook, Instagram) e Microsoft, nonché la cinese ByteDance, proprietaria di TikTok - tenute a conformarsi al nuovo regolamento europeo sui mercati digitali e la concorrenza online?

Va ricordato che al centro del nuovo regolamento europeo vi sono una serie di obblighi e divieti per arginare gli abusi in modo da avere un mercato più competitivo dove possano prosperare anche i player più piccoli. Al tempo stesso chi usa quotidianamente i servizi di Google, ad esempio Google maps per cercare l’indirizzo di un cliente o di un ristorante nella propria città si sarà accorto che da qualche tempo è molto più complicato arrivare alla famosa applicazione di mappe a partire dallo stesso motore di ricerca. A meno che non si abbia sottoscritto un abbonamento al suo pacchetto Google One che offre vantaggi come spazio di archiviazione cloud aggiuntivo a fronte di una tariffa mensile.

Nella lista dei cosiddetti gatekeeper ci sono le sei piattaforme sopracitate che condividono un fatturato annuo di almeno 7,5 miliardi di euro all’interno dell’Ue negli ultimi tre anni, una valutazione di mercato superiore ai 75 miliardi di euro, almeno 45 milioni di utenti finali mensili e 10mila utenti aziendali stabiliti nell’Ue.

La posizione più complessa è quella Alphabet, la holding di Google, che offre una sterminata serie di servizi sul web come Google Play, il sistema di mappe Google Maps, il motore di ricerca Google Search, YouTube etc. Sono già mesi che Alphabet sta lavorando in molti dei propri settori per disaccoppiare i servizi e dare maggiore visibilità alla concorrenza, ma questo potrebbe causare anche un’esperienza di navigazione più complessa e frammentata per chi utilizza Google. La stessa big tech di Mountain View ha precisato che «attualmente condivide dati tra alcuni prodotti e servizi Google per determinati scopi, tra cui la personalizzazione dei contenuti e degli annunci, a seconda delle impostazioni degli utenti. Oggi, le persone possono visitare le impostazioni del proprio account Google e scegliere se desiderano continuare a condividere i dati tra i servizi Google collegandoli. Le persone potrebbero anche vedere nuovi banner di consenso che chiedono loro se desiderano collegare i propri servizi Google. Inoltre, stiamo apportando numerosi aggiornamenti ai nostri prodotti e strumenti pubblicitari per aiutare gli inserzionisti a comunicare il consenso per i dati che raccolgono, in conformità con le nostre norme relative al consenso degli utenti dell'Ue».

Ad esempio, per quanto riguarda Chrome, non c'è più Google preimpostato come motore di ricerca, ma dovrà essere scelto. Un ragionamento simile vale anche per Google Maps: se si prova a cercare il nome di una via sul motore di Big G, non uscirà più Google Maps come primo risultato. Ma era questa la rivoluzione, in termini di user experience, che volevamo?