Economia

Guerra commerciale. Gli Usa pronti a vietare i software cinesi per le auto "connesse"

Luca Miele lunedì 23 settembre 2024

Una concessionaria di auto elettriche a Shanghai

È l’ultimo tassello di una guerra (commerciale) senza esclusione di colpi. E che rischia di incendiare il già caldo fronte delle relazioni tra Usa e Cina. La mossa arriva dal Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti. Secondo quanto ha anticipato la Reuters, gli Usa vieteranno software e hardware cinesi “nei veicoli a guida connessi e autonomi sulle strade americane”. La motivazione della scure che sta per abbattersi sul made in China e che si aggiunge alla decisione di pochi giorni fa di imporre dazi sulle auto cinesi? La risposta di Washington è netta: problemi di sicurezza nazionale. “Si può immaginare un risultato più catastrofico se si avessero un paio di milioni di auto cinesi in strada e il software che le governa venisse disabilitato?", si è chiesta (retoricamente) la segretaria al Commercio Usa Gina Raimondo. Come riporta ancora la Reuters, l'amministrazione Biden sarebbe spinta dalla preoccupazione relativa “alla raccolta di dati da parte di aziende cinesi su conducenti e infrastrutture statunitensi, nonché sulla potenziale manipolazione straniera di veicoli connessi a Internet e sistemi di navigazione”. Ma non solo Cina. I divieti si estenderebbero ad altri “competitori” stranieri degli Stati Uniti, tra cui la Russia. Solo una manciata di giorni fa, Washington ha nuovamente agito sulla leva dei dazi. Le nuove tariffe doganali, compreso un aumento del 100% per le auto elettriche cinesi, inizieranno a essere applicati dal 27 settembre. Le batterie dei veicoli elettrici saranno tassate al 25% e le celle dei pannelli solari al 50%; i chip saranno al 50%, solo a partire dal primo gennaio 2025.

La reazione di Pechino non si è fatta attendere. La strategia Usa? Per il Global Times “metterebbe a nudo il tentativo sconsiderato di Washington di politicizzare le questioni commerciali e danneggerà la filiera di fornitura dell'industria automobilistica globale, comprese le aziende statunitensi”. In pratica, secondo la Cina, siamo di fronte a un tentativo globale “per contenere lo sviluppo dell'industria automobilistica cinese”. “In sostanza gli Stati Uniti hanno chiarito di essere rimasti indietro rispetto alla Cina nel settore dei veicoli a nuova energia", ha detto Lü Xiang, ricercatore presso la Chinese Academy of Social Sciences. "Hanno perso nella competizione, quindi ricorrono a misure protezionistiche", ha insistito.

Uno showroom a Pechino - ANSA

Una cosa è certa. L'industria cinese dei veicoli elettrici – fortemente sostenuta dal governo di Pechino - è in piena, tumultuosa, espansione. Un’espansione che minaccia di fagocitare concorrenti e mercati e che al tempo stesso “contesta” la tradizionale narrazione della Cina come “fabbrica del mondo” e riconfigura il gigante asiatico come una forza formidabile nella ricerca, nello sviluppo e nell’innovazione. Secondo i dati della China Association of Automobile Manufacturers (CAAM) nel 2018 il Paese ha sfornato 1,27 milioni di veicoli elettrici. Cinque anni dopo la produzione, nel solo mese di ottobre 2023, ha raggiunto i 2,8 milioni.

Non solo. Nel 2023 la Cina ha scippato al Giappone il primato di maggiore esportatore di veicoli al mondo. Secondo i dati diffusi a inizio anno dalla Japan Automobile Manufacturers Association le spedizioni di automobili, camion e autobus giapponesi sono aumentate del 16% a 4,42 milioni. Ma quelle cinesi sono schizzate nello stesso arco temporale a 4,91 milioni di veicoli: quasi 500.000 unità in più. Le esportazioni di veicoli elettrici dalla Cina sono aumentate di 160 volte dal 2019 al 2023, scatenando timori di "sovracapacità".
Tiene anche il mercato interno: il numero di nuove immatricolazioni di auto elettriche cinesi ha raggiunto gli 8,1 milioni di veicoli nel 2023, con un aumento del 35% rispetto al 2022. Poco meno del 60% delle nuove immatricolazioni di auto elettriche è avvenuto in Cina, il 25% in Europa e il 10% negli Stati Uniti. Una vera e proprio “esplosione” dietro la quale c’è la guida di Pechino. Dal 2009 al 2023, oltre al forte sostegno politico, il governo cinese ha investito circa 230 miliardi di dollari nel settore, con un tasso di accelerazione pari a tre volte negli ultimi cinque anni.