Auto. Affari d’oro di Stellantis in Brasile. «Ma grazie alla spinta degli incentivi»
A giugno Lula ha visitato il polo Stellantis di Goiana
Il momento d’oro di Stellantis in Brasile inizia a non andare giù a qualcuno. E allora ecco che General Motors, Volkswagen e Toyota insorgono. L’accusa è che il gruppo – che in Sudamerica ha raggiunto nel primo semestre 2023 la quota di mercato record del 23,7% – beneficia di un trattamento di favore in quanto è l’unico a produrre nel Nord-Est, per la precisione nel Pernambuco, dove tanto tempo fa erano state concesse agevolazioni fiscali per spingere lo sviluppo di un’area tra le più povere del Brasile. Il punto, secondo le altre case auto che invece producono tutte nel ricco Sud-Est, è che questi incentivi, ideati nel 1997 e di cui Stellantis gode dal 2015, vengono prorogati di anno in anno e anzi nel testo della riforma tributaria al vaglio del Parlamento è previsto che rimangano addirittura fino al 2032.
«Un incentivo che si estende per tre decenni non è più un incentivo ma diventa una condizione permanente, il che distorce il mercato e pregiudica la competitività interna», polemizza Fabio Rua, vicepresidente delle Relazioni Istituzionali per GM in Sudamerica. Come funziona l’agevolazione? Sostanzialmente riduce l’imponibile del 75%, quindi Stellantis paga le imposte sul 25% del fatturato. Per fare un esempio, nel 2019 questo meccanismo ha permesso al gruppo che comprende Fiat, Jeep, Peugeot, Citroen e RAM di risparmiare in tasse l’equivalente, al cambio di oggi, di 1 miliardo di euro. Non proprio briciole, anche se Stellantis si difende: «I nostri studi dimostrano che per ogni real (la valuta brasiliana ndr) ricevuto di incentivo, ne abbiamo ridati indietro 5 in termini di benefici sociali sul territorio».
Stellantis nel polo automotive di Goiana dà lavoro a 13 mila persone e sta attraversando un momento magico: già forte di una quota di mercato del 32,3% in Brasile, con la sola Fiat che vale il 22%, a giugno il presidente di Stellantis Sudamerica Antonio Filosa ha ricevuto la visita del presidente Lula, accolto in trionfo nel suo feudo elettorale per il lancio del pickup Rampage, prodotto per la prima volta fuori dal Nordamerica. Poi a luglio ha annunciato il nuovo progetto Bio-Hybrid, che parte già nel 2024 con tre piattaforme per veicoli ibridi flex-fuel a etanolo e una per l’auto 100% elettrica. Senza contare che la casa italo-francese ha beneficiato più di tutte del “carro popular”, un cavallo di battaglia riproposto quest’anno dal presidente Lula e che consiste in un bonus – fino al 10-15% a seconda dei modelli - per l’acquisto di una nuova automobile, che peraltro in Brasile ha generato non poche polemiche perché non prevede né particolari vantaggi per le classi meno abbienti, né incentivi specifici per comprare veicoli non inquinanti.
Poche settimane dopo il lancio dell’iniziativa, la macchina più venduta è risultata essere la Fiat Strada, che tra l’altro era già il modello più venduto in Brasile nel suo segmento, mentre sembra non averne tratto particolari benefici Volkswagen, che anzi a fine giugno ha comunicato di sospendere temporaneamente la produzione nei suoi stabilimenti negli Stati di San Paolo e del Paranà. Insieme a GM e Toyota, i tedeschi hanno poi deciso di passare anche al contrattacco, citando il Tribunal de Contas da União, la Corte dei Conti brasiliana, che effettivamente ha ammesso che gli incentivi concessi a Stellantis nel Pernambuco creano «disuguaglianze inter-regionali» e rappresentano una «perdita per il bilancio del Governo Federale, che infatti è in deficit dal 2014».
Anche secondo gli analisti del settore qualcosa va rivisto, magari attraverso una politica di riduzione graduale delle agevolazioni. Le quali però difficilmente saranno messe totalmente in discussione, per il loro fondamentale apporto alla crescita del Nord-Est: «Senza questi incentivi – commenta sulla Folha de Sao Paulo Alexandre Baldy, consulente della casa auto brasiliana BYD – non ci sarebbe nessuna fabbrica nelle aree meno sviluppate del Paese, visto che i grandi centri produttivi e di consumo sono tutti nel Sud-Est». «Questi aiuti – aggiunge Milad Kalume della società di consulenza Jato – sono necessari per generare occupazione, istruzione, lavoro qualificato e reddito nel Nord-Est del Brasile».