Federcasse. Gatti: «Dove c'è il Credito Cooperativo si riducono le diseguaglianze»
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Sergio Gatti, direttore generale di Federcasse, oggi l’Università Cattolica si interrogherà sul futuro della mutualità bancaria in coincidenza con il sessantesimo anniversario di Iccrea. Un anno importante, perché si è riusciti a cambiare le regole dell’Unione bancaria europea…
“Le radici sono ciò che rendono forte una pianta, che l’alimentano, che ne consentono la crescita e la diversificazione”, ha scritto nel suo ultimo libro Vittorio Pelligra. E il Credito Cooperativo ha riflettuto ieri attorno al 60° della costituzione di Iccrea e lo scorso luglio sul 140° della fondazione della prima Cassa Rurale. È significativo dunque che proprio in questo 2023 sia stato possibile valorizzare concretamente quelle radici inserendo nella normativa bancaria Ue un elemento di proporzionalità strutturale. Una proporzionalità innovativa anche perché radicata su base sia dimensionale sia qualitativa, con l’esplicito riferimento alle finalità mutualistiche delle nostre 223 cooperative bancarie.
Com’è possibile restare fedeli al proprio modello di business quando la legislazione rema contro?
La legislazione bancaria europea nasce con un approccio che tende a “semplificare” la realtà sul terreno e a omologare. Ma il modello di business mutualistico, dettagliatamente normato dal legislatore italiano, costituente e ordinario, ha dimostrato di poter essere interpretato attraverso le stagioni, le crisi, i passaggi d’epoca. E continuare a svolgere, sviluppando le quote di mercato nel credito, la propria funzione di spinta allo sviluppo integrale delle comunità delle quali sono espressione. Questo è il punto discriminante: i proprietari delle nostre banche di comunità sono le persone che vivono e lavorano nei territori. Non ce ne sono altri. La riforma del 2016 ha introdotto l’istituto innovativo del gruppo bancario cooperativo, una importante cornice organizzativa, che consente ulteriori dosi di stabilità e di competitività e che dovrà consentire di accrescere ulteriormente la capacità di servizio e di risposta nei territori. Pensi che il 31% dei 4.096 sportelli delle Bcc è collocato in comuni delle aree interne e le quote di mercato del credito alle imprese della piccola manifattura e dell’artigianato, dell’agricoltura e del turismo superano il 22%.
Gli obiettivi della finanza mutualistica non vanno di moda ma sono necessari allo sviluppo sociale: quali passi in avanti si stanno facendo in Italia?
Penso che questi obiettivi andranno sempre più di moda. Semplicemente perché ineludibili. Sono quelli indicati con chiarezza dalla Laudato si’ e ribaditi con forza dalla Laudate Deum, ma anche dalla presidente della Commissione europea nel discorso sullo stato dell’Unione. Li troviamo nel Programma Next Generation EU e negli sforzi per rivitalizzare le democrazie. Che non sono una conquista conseguita una volta per sempre. Leone Wollemborg fondò la prima Cassa Rurale italiana a 24 anni nel 1883 e comprese con lucidità che le disuguaglianze minano la coesione sociale. Per questo occorre contrastarle con il più efficace dei rimedi, il lavoro degno. Diverse ricerche internazionali e italiane hanno dimostrato come le disuguaglianze di reddito si riducano dove operano le Bcc. Anche nel Seminario “The future of Financial Mutuals” di oggi alla Cattolica di Milano verrà presentato un paper sul legame tra presenza di banche mutualistiche e riduzione della povertà.
Nel 2019 sono nati i due Gruppi Bancari Cooperativi Iccrea e Cassa Centrale e nel 2020 lo Schema di Protezione Istituzionale Raiffeisen. Facciamo un primo bilancio di quella svolta.
La preside della facoltà di Scienze bancarie della Cattolica, Elena Beccalli ha dimostrato in un saggio scritto con altri due ricercatori, Rossi e Viola - e pubblicato pochi mesi fa sull’“International Review of Financial Analysis” - come Il cambiamento di struttura organizzativa seguito alla nascita del Gruppi bancari cooperativi Bcc Iccrea e Cassa Centrale, mantenendo inalterata la natura giuridica e le finalità mutualistiche delle singole Bcc, abbia consentito alle banche cooperative di meglio utilizzare le economie di scala e di scopo sui costi e contemporaneamente di migliorare la competitività. Sono passati solo cinque anni. Si potrà fare ancora meglio.
Il convegno alla Cattolica mette in evidenza il link tra la finanza cooperativa e la ricerca. Perché è così importante?
Perché il Credito Cooperativo è prima di tutto una visione culturale: la responsabilità e il protagonismo delle persone nelle loro comunità. La soluzione consortile a bisogni individuali, familiari, di imprese e di reti di imprese. La visione intergenerazionale. La gestione accorta e lungimirante del risparmio generato nei territori da parte di soci che vivono e/o lavorano in quegli stessi territori e che sono eletti su base democratica (una testa un voto, non un’azione un voto) alla responsabilità di amministratori è una grande ricchezza. La riscoperta e la valorizzazione delle forme mutualistiche comunitarie medievali (soprattutto francescane: monti frumentari, di pietà, dotali) e della Scuola di economia civile di Antonio Genovesi - che da titolare della prima cattedra di economia in Europa alla Federico II di Napoli la battezzò “Scienza della pubblica felicità” - sono pilastri culturali di straordinario spessore.