Economia

Trasporti. La chiusura del Frejus fa litigare l'Italia e la Francia

Paolo Pittaluga domenica 11 agosto 2024

Una doccia gelata per chi sperava in un ritorno alla normalità sognando di rivedere i Frecciarossa ed i Tgv collegare nuovamente Milano e Torino a Parigi in meno di 7 ore.

Si allungano, infatti, i tempi per la riapertura della linea ferroviaria del Frejus bloccata da agosto 2023 per la grande frana avvenuta a La Praz: non riaprirà in inverno, come precedentemente indicato tra novembre e dicembre. I giorni scorsi, infatti, le autorità della Savoia e Sncf Réseau (il gestore delle rete ferroviaria francese) – che speravano di poter riaprire il collegamento con l'Italia verso la fine di questo 2024 – hanno spiegato, illustrando la complessità dei lavori di ripristino a causa della ripidità e dell'instabilità della falesia, che «le cavità instabili scoperte nella zona centrale del pendio si sono rivelate molto più estese del previsto» e «richiederanno ulteriori lavori»: la linea potrà dunque «riaprire nel primo trimestre del 2025 se non si presenteranno nuovi gravi rischi geologici». Si opera, è stato spiegato in situazioni molto difficili e non si può mettere a rischio l’incolumità degli addetti.

Una decisione che non è passata inosservata a Bruxelles, dove gli eurodeputati italiani hanno chiesto in modo bipartisan l’intervento della Commissione europea. Dalla Lega al dem Pierfrancesco Maran, passando per il capogruppo di FdI, Carlo Fidanza, e l’azzurro Massimiliano Salini, gli esponenti italiani hanno inviato interrogazioni e lettere all’esecutivo invocando un intervento.

Cosa intende fare Bruxelles, ha chiesto Maran, sottolineando come «il 60% dell’export di merci italiane» passi «attraverso i valichi alpini» e il Frejus sia una linea «importante delle reti trans-europee di trasporto (Ten-T)»?. «L’indefinitezza dei tempi per la riapertura della galleria sta arrecando gravissimi disagi e danni economici agli operatori merci del nord-ovest», ha denunciato Fidanza rivolgendosi alla commissaria Ue Adina Valean, mentre Salini ha bollato «inaccettabile il rinvio alla primavera del 2025». Sollecitazioni cui ha risposto a stretto giro Bruxelles: «È importante che il collegamento venga ripristinato il più rapidamente possibile e la Commissione sta monitorando attentamente la situazione» ha detto un portavoce dell’esecutivo, aggiungendo che «la chiusura ha un impatto significativo sui servizi ferroviari passeggeri e merci tra Italia e Francia».

Una situazione drammatica , peggiorata dalla chiusura del tunnel ferroviario di base del Gottardo dopo l’incidente del 10 agosto 2023, traforo che tornerà totalmente utilizzabile il 2 settembre. E dei lavori, con le chiusure programmate del traforo del monte Bianco in Val d’Aosta.

A fine anno scorso i danni per il mancato transito su ferro, comprensivo anche del Gottardo, erano superiori al miliardo. Senza considerare l’effetto del trasferimento su gomma di parte del trasporto delle merci: i numeri certificano che il traffico nel traforo stradale del Frejus (e di conseguenza in quella Val Susa dove una parte della popolazione osteggia la costruzione della Tac Torino-Lione...) è aumentato il 5% lo scorso anno.

Cresce il traffico su gomma, si ingolfano le strade, aumenta l’inquinamento. E vanno in crisi i vettori ferroviari. «Le condizioni insostenibili in cui gli operatori del settore ferroviario merci sono costretti a lavorare, senza alcun riscontro o supporto richiesto da mesi, rendono la situazione non più sostenibile. Questo crea profondi disagi al sistema industriale italiano e alle economie locali» affermano i presidenti di Fermerci e FerCargo, Clemente Carta e Mauro Pessano, in una lettera al ministro Matteo Salvini.

Le interruzioni delle linee ferroviarie, causate dai lavori del Pnrr fino al 2026, aggiungono, determinano «una riduzione della capacità di trasporto superiore al 50% nel 2024, con punte dell’80% durante i mesi estivi. A ciò si aggiungono le chiusure dei valichi alpini, tra cui il Frejus e il San Gottardo, che hanno gravi ripercussioni sull’intero sistema logistico italiano. Questi problemi, insieme a eventi naturali come le alluvioni in Emilia-Romagna e Toscana e la crisi del Mar Rosso, stanno provocando un crollo del traffico merci ferroviario, con una perdita del 3,2% nel 2023 rispetto all’anno precedente e una previsione di ulteriore calo del 6,7% nel 2024. Il danno economico stimato per il 2024 è di circa 90 milioni di euro, con prospettive simili per i successivi due anni». Un contesto che non porta sviluppo del settore e il riequilibrio modale ma - concludono - «rischia di compromettere l’integrità e il futuro delle imprese e dei circa 15mila lavoratori».